Il collegio ha segnato tutta la mia vita. Le parole “Non fare agli altri quello che non vorresti facessero a te” mi hanno sempre perseguitato; dentro di me dicevo, fin da piccola: Non voglio essere cattiva, voglio essere sempre buona, ma il fatto è che questo mi rendeva debole, mi faceva subire e mai ribellare, perché io “ero buona”. Così ho ingoiato ogni sorta di sopruso, psicologico e fisico, sempre con la speranza che un giorno sarebbe finito tutto e sarei stata felice.

Che cosa è stato Dio per me? Nulla. La preghiera era una regola del collegio, ma per me riguardava le suore. Chissà per quale motivo pregavano, ma ogni categoria aveva un ruolo e questo era il loro. E poi anche lì, in quel luogo di preghiera, ho subito umiliazioni psicologiche e punizioni corporali a non finire, crescendo nella paura e nella convinzione che, se mi aveva abbandonato mia madre, perché gli altri non dovevano farlo? Così è sempre stato, tutti mi hanno abbandonato e hanno disprezzato la mia vita come aveva fatto mia madre.

Uscendo dal collegio conoscevo solo quella vita, fatta di tante regole; non sapevo di avere un corpo e quel corpo non mi avevano insegnato a proteggerlo.

Ho seguito le regole anche fuori, andando a Messa e pregando, ma senza sapere bene perché lo facessi. Smisi quel rapporto inconsapevole con Dio quando, nella speranza di un aiuto risolutivo un giorno decisi di confessarmi ma poi non trovai il coraggio di parlare; il sacerdote si inquietò per quel silenzio e io mi ritrovai di nuovo e definitivamente sola, sperduta, con la convinzione interiore che non fosse vero nulla. Non presi strade sbagliate perché avevo paura del male.

La mente a un certo punto cominciò a rimuovere tutto quello che mi faceva soffrire, tanto da non ricordare più neanche adesso; questo mi salvò la vita fisica, impedendomi di impazzire, ma quella spirituale morì, almeno così mi sembrò per tanto tempo.

Non conoscevo gli uomini. Anzi uno lo avevo visto (a 5/6 anni), era il pediatra del collegio; arrivò il mio turno di visita e quel viso rassicurante diventò malvagio e morboso quando rimasi da sola con lui, mi toccò. Avevo paura ma non sapevo perché, fui salvata dal rientro di una suora che non si accorse di nulla e io piccola come potevo descrivere la paura di una cosa che non conoscevo?

Quel fatto sembrò l’annuncio del mio destino. Ebbi un’esperienza sbagliata e traumatica; ancora bambina subii ripetutamente violenza da parte di un fratello di mia madre, che diceva di “volermi bene” e mi imponeva di “non dirlo a nessuno”. Non ricordo un giorno in cui io non abbia pianto, di nascosto e disperatamente; tentai di uccidermi e “morire” divenne l’unico scopo della mia vita: usurpando la mia purezza e il diritto di essere bambina mi avevano tolto tutto. Mi salvavano le bugie, mi facevano apparire normale (mi ero creata una finta famiglia e facevo credere di fare una vita felice), ma quando confidavo a qualcuno la verità, finiva sempre per approfittarsi della mia debolezza e del mio grande bisogno di essere amata.

A Capodanno del 2000 avevo il solito attacco di dolore lacerante nel cuore, quel dolore che goccia dopo goccia lo aveva consumato; piangendo disperatamente urlai al Signore: Non ce la faccio più! Se devo passare l’altra metà della vita così, ti prego: fammi morire! Oppure aiutami!. Desideravo con tutte le mie poche forze qualcosa o qualcuno che mi scaldasse il cuore, desideravo un miracolo… lo desideravo così tanto che mi convinsi che tutto sarebbe potuto accadere.

Trascorsi un bel Capodanno, ma, tornata a casa, la sera seguente ero di nuovo su quel letto, ormai “del calvario”; tutto era come prima. Vicino avevo il telefonino acceso, apparve un messaggio (da non so chi e da non so dove), diceva: Allora sei piena di Spirito Santo!. Non so perché, ma mi irritai e risposi in malo modo (non lo faccio mai), prontamente mi arrivarono le scuse per aver sbagliato; pentita per la mia reazione, telefonai direttamente al numero del messaggio per scusarmi a mia volta della maleducazione e scherzando aggiunsi: Manda i messaggi che vuoi, quando vuoi.

Non lo avrei mai fatto, ma quella voce di uomo, così gentile, mi aveva impressionato; non ci pensai più, ero convinta che tanto le cose accadono sempre per sbaglio.

Lo spirito di morte mi assalì di nuovo il giorno dopo. Ero nella vasca da bagno, mi sentivo male e, chiudendo gli occhi, pensai: Adesso mi affogo e la faccio finita. Il telefonino era lì vicino; di nuovo un messaggio: «Non posso risponderti, adesso sto lavorando». Era lo stesso ragazzo del giorno prima! Pensai male: che voleva? Solo scherzare, oppure ci stava “provando” per qualche motivo? Risposi che non lo avevo chiamato; di ritorno ecco un nuovo, stranissimo messaggio: Dio è grande!, con la spiegazione che il mio numero era comparso da solo sul suo schermo…

Cominciò tra noi tutto un dialogo “messaggiato”, durante il quale non faceva che parlare di Dio (avrei voluto parlare d’altro, era insopportabile); mi consolava, era paziente, non si arrabbiava mai… Possibile che c’era un uomo che mi aiutava senza chiedere nulla? Parlava anche dei “carismatici” e di tante cose che non pensavo nemmeno esistessero al mondo, mi indirizzò alla Comunità Gesù Risorto della mia città. Ci andai solo perché glielo avevo promesso, ma quando fui lì mi sentii male: mi veniva da piangere, volevo andarmene e se non lo feci fu solo per educazione e perché mi mancò il coraggio. Mi sembravano cose da bigotti. La responsabile mi diede una rivista da leggere, la stessa che state leggendo; non la volevo perché, come spiegai, non sapevo se sarei potuta tornare (non volevo tornare) e restituirla, lei mi disse di tenerla quanto volevo. Sempre per educazione, la settimana dopo tornai per riportarla; me ne diede un’altra… mentre io pensavo di essermene liberata!

Ad ogni modo, siccome quello era il giorno esatto del mio compleanno, decisi di festeggiarlo con Dio, (nel mio cuore speravo che nel giorno della mia nascita, mi avrebbe fatto rinascere); le chiesi se poteva pregare per me, affinché non sentissi più nel cuore la morte e non la desiderassi più. È accaduto davvero: da quel giorno non ho più sentito lo spirito di morte!

Tornai la settimana seguente con questa benedetta rivista (ero più tranquilla), ma lei mi disse: Potevi tenerla, te l’avevo regalata per il tuo compleanno! Strano che non lo avessi capito la volta precedente… Sia lei sia il ragazzo dei messaggi mi invitarono al Convegno. Mi fidavo di loro, poi ero curiosa di conoscere lui personalmente, alle “lezioni” ero abituata, e andai…

Altro che “lezioni”! Tutti mi accoglievano, mi abbracciavano, la preghiera era come l’avevo sempre sognata, con canti, gioia, suoni e tanto amore… Ero attonita, non potevo credere che il mio sogno fosse lì, ed era vero davvero! Chi immaginava che dietro un insignificante messaggio capitato per “sbaglio” sul mio telefonino ci fosse tutto questo! Per giunta avevo anche “una famiglia” di cinquemila fratelli!

Anche se so che devo lavorarci tanto, il mio cuore non sanguina più. Sono tornata in Chiesa, mi sono confessata dopo più di 20 anni, ho fatto il Giubileo per mio nonno, che ha sofferto tutta la vita per me perché non era riuscito a salvarmi. Prima non sapevo che cosa volesse dire indulgenza plenaria, né Spirito Santo e nemmeno come si pregava. Adesso so che cosa stavo cercando; anche se so ancora poco, è sempre di più di quello che sapevo prima.

So che Dio non ha sopportato più che io continuassi così; so che ha aspettato il momento giusto per farmelo capire e amare e quel momento era proprio l’Anno per me davvero Santo!

È Lui che mi ha afferrato, mi ha “scioccato” con la sua grandezza e ha risposto al mio disperato bisogno d’Amore, facendomi annunciare dai miei 5.000 fratelli: Dio ti vuole bene!; anche a me, che nessuno amava. Anch’io ti voglio bene, Signore, perché mi hai salvata, perché non hai permesso che il male oltrepassasse la soglia del non ritorno, perché hai creduto in me, perché hai pianto per me che sono tua figlia, perché hai esaudito le preghiere del mio cuore assetato del tuo Amore, quell’Amore che cura le ferite e fa risorgere veramente.

Ti amo, mio Grande e Infinito Padre di Luce e Speranza ripagata. Se tutto quello che ho sopportato è avvenuto perché trovassi Te, allora è valsa la pena; la mia sembra una piccola croce in confronto alla tua.

Ti amo; lo so che è poco per come ami Tu, ma quando penso a come sei, desidero essere almeno un piccolo lembo della tua veste pulita, solo per farti felice di avermi creato e farti sentire orgoglioso di me come lo sono io di Te e farti dire un’altra volta: Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.

Testimonianza firmata

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