Fiuggi 7-10 Dicembre 1995

Incontro di formazione spirituale per animatori

“LO SPIRITO DEL FIGLIO GRIDA: ABBA’, PADRE MIO!”

 Paolo Serafini

“Lo Spirito dei Figlio grida: “Abba’, papà, papa mio!” e questa parola aramaica “abbà”, papà, che Gesù ha usato per dialogare con il Padre, ci inserisce subito nel cuore del mistero cristiano, rivelandocene l’intima sostanza: in Gesù tutti gli uomini formano un’unica famiglia, avendo tutti uno stesso Padre, quello che è nei Cieli, e ci ha rivelato allora che tra di noi siamo tutti fratelli, perché figli di uno stesso Padre.Gesù, dunque, è il rivelatore del Padre e ce lo ha fatto conoscere santo,buono e misericordioso. L’evangelista Giovanni dice: “Dio nessuno l’ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è nel seno dei Padre, Lui lo ha rivelato”(Gv 1,18), da questo consegue che per conoscere il Padre si deve seguire Gesù il Figlio.
Quasi al termine della sua missione qui sulla terra, Gesù, prima di entrarenella sua passione, si rivolge al Padre dicendo queste parole: “Padre giusto, ilmondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mihai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere,perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e lo in loro” (Gv 17,26).Gesù dunque ci ha rivelato il Padre, il suo nome, per attirarci tutti nel suo amore eterno; Lui è anche la via che conduce al Padre, così proclama Gesù:“lo sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzodi me.”Dunque è Gesù che illumina la nostra via per arrivare alla casa del Padre; Lui è anche l’unico mediatore efficace e gradito tra noi e il Padre, infatti è perla nostra adesione al Signore Gesù che noi siamo accetti a Dio e questo ci costituisce anche suoi figli. L’apostolo Giovanni ci dice: “A quanti lo hanno accolto, Dio ha dato il Copertina_Insegnamentopotere di diventare suoi figli”.Ora come Gesù è stato mandato dal Padre per rivelarlo, per essergli di testimonianza e per glorificarlo, così anche Io Spirito Santo è mandato dal Padre e la preghiera di Gesù è questa: “Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro consolatore”. Lo Spirito Santo è mandato a prendere dimora nei nostri cuori con una intenzione particolare e precisa: il Padre, e Gesù lo mandano in noi ad agire; e voi sapete che l’agire dello Spirito Santo in noi è quello di farci sentire figli, crescere e comportare come tali. Questa è l’opera dello Spirito: far crescere Gesù dentro di noi e, per dirla con le parole del Battista, è Lui che deve crescere e noi diminuire.Tante volte il sentirci chiamati figli di Dio sembra una cosa che diamo per scontata, non ci scombussola il cuore, non ci fa sussultare, è una cosa a cui siamo abituati, mentre noi non abbiamo ancora afferrato in profondità questo grande mistero dei nostro essere figli di Dio; non abbiamo ancora raggiunto la pienezza della figliolanza, siamo figli chiamati a crescere, a passare dall’infanzia alla maturità, dalla maturità alla pienezza.Questo crescere come figli è un cammino che ci impegna a vivere in una famiglia, in un amore e in una dipendenza, così come avviene per la famiglia umana: come un figlio che vive inserito nella famiglia, così noi dobbiamo vivere inseriti in questa intimità di vita, con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, inseriti in questo vortice d’amore che lega queste Persone divine e sante. Poi anche sottomessi alla volontà del Padre, come il figlio è sottomesso alla volontà dei genitori.il fatto che noi siamo figli di Dio non è il frutto delle nostre capacità naturali, né dei nostri sforzi, né dei nostri meriti; è solo e soltanto un dono gratuito dell’amore di Dio. E’ importante però che noi lo sentiamo e lo gustiamo in profondità, questo grandissimo dono dei Padre che è operante dentro di noi sin dal battesimo, perché nel battesimo siamo stati fatti, tutti noi, figli di Dio.Lo Spirito Santo ci vuole far percepire sempre di più questo rapporto di amoree di conoscenza che c’è tra il Padre e ii Figlio da tutta l’eternità, Inoltre la sua presenza ci dona anche la grazia di inserirci sempre di più in quel colloquio d’amore che c’è tra il Padre e il Figlio e di diventare anche noi una parte viva e operante. Uniti a Gesù, diventiamo l’oggetto dell’amore dei Padre che in noi scopre la sua immagine e vi riversa tutto il suo amore. Lo Spirito Santo, pertanto, ci vuole fare entrare sempre di più nel cuore dei Padre, per gustare ii suo amore, la sua misericordia, per coglierne i pensieri, i palpiti, i desideri, i progetti. Entrando nel cuore di Dio ci rendiamo conto del mondo in cui vive il Padre e lo facciamo nostro, trasferiamo il nostro piccolo e povero mondo nel suo spazio infinito, il nostro povero cuorenel suo cuore, la nostra mente nella sua luce bellissima e infinita. Da questo ne consegue che noi vediamo e capiamo le cose come le vede e le intende Dio, diventiamo più disponibili ad amare, come ama il Padre, a saper perdonare e ad usare misericordia come Lui, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. Il Padre ci ama con un amore infinito, tenero, forte, è un amore troppo grande per descriverlo non ci sono parole per descrivere l’amore dei Padre e noi ci comprendiamo solo nello spirito, perché l’abbiamo vissuto e lo viviamo;il Padre ci ama in un modo così grande che ci supera e quello che riusciamo a percepire è tanto poco. li Padre ama tutte le sue creature, tutti i suoi figli! A questo punto potremmo anche chiederci quale sia l’attributo divino che mette meglio in luce l’amore che il Padre ha per ¡ suoi figli: potremmo pensare alla sua sapienza, ma la sapienza cita vedere che siamo dei miseri, che non valiamo nulla che possa meritare l’amore di Dio, pertanto non è propriamente la sapienza. Potremmo pensare alla sua santità, ma anche la sua santitàè troppo alta e troppo grande per noi e ci fa vedere che la nostra miseriaè grande e ci porta a nasconderci, quindi non è neanche la santità di Dio chemette in luce questo amore che il Padre ha per i suoi figli. Potremmo pensare alla sua giustizia, ma sicuramente no, perché noi sappiamo che Dio giudicagli uomini secondo le opere: castiga o premia l’uomo secondo le opere, sappiamo pure che Lui è uno in tre Persone, ora chi, di queste tre Persone,dovrà giudicare l’uomo secondo le opere? Se escludiamo Io Spirito Santo, i cui compiti sono di tutt’altra natura, ci viene da pensare che chi giudica è il Padre, perché è il Creatore, il principio di tutte le cose, tutte le mantiene invita, Lui ha in mano i destini dell’uomo, delle nazioni, dell’universo intero.S.Giovanni, però, ci dice che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio (Gv 5,22). Tuttavia la cosa non è dei tutto chiara, perché in un altro passo Giovanni afferma che il Figlio non è venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo. Gesù dunque, a cui è rimesso il giudizio, sembra non “tenerci” (difatti è venuto per salvare); accetta il compito, sì, ma“senza entusiasmo”. E questo ci fa immensamente piacere perché, come dice la Scrittura, vuol dire che la misericordia ha sempre la meglio sul giudizio; la misericordia è la ragione ultima dell’amore di Dio, rispondendo alla sua stessa natura, che è pienezza infinita di amore e di bontà e la bontà ha un’esigenza insopprimibile, che è quella di comunicarsi, di donare. E’ proprio della misericordia voler colmare ciò che è vuoto, riempire di beni coloro che hanno la consapevolezza di non essere niente, di non essere nessuno,di non possedere nulla. E’ proprio della misericordia rialzare chi è caduto,guarire chi è ammalato, confortare chi soffre. In fondo è tutto ciò cherisponde a quella di specie di “bisogno” che ha il cuore di Dio di dare, di perdonare, di amare all’infinito. Dunque è la misericordia l’attributo divino che mette meglio in luce l’amore che il Padre ha per i suoi figli.Tutti i canti più belli della letteratura religiosa ebraica sono inni alla misericordia di Dio: “Canterò senza fine le misericordie del Signore”, e il  Padre delle misericordie è toccato nel cuore dalla miseria umana e perciò si muove a pietà. Ma noi sappiamo che la più grande miseria dell’uomo è il suo peccato e la misericordia di Dio sul nostro peccato si chiama perdono. C’è una parabola del Vangelo che esprime tutto questo in un modo stupendo, è la parabola del figliol prodigo, leggetela con calma, meditatela. Di questa parabola voglio solo dire che il protagonista, come voi sapete, è un uomo e perciò a lui è richiesta la collaborazione necessaria per un rinnovamento e per il perdono, cioè il proprio pentimento. Nel figliol prodigo troviamo gli elementi umani di sempre, guardate: la spavalderia, la fuga da Dio, la miseria morale, il tormento interiore, il rimorso, il pentimento e il ritorno, li Padre, invece, questo figlio non Io ha mai dimenticato, mai: il suo cuore, il suo sguardo è sempre proteso verso il figlio, dice il passo: “lo vide quando era ancora lontano” (e qui non si tratta solo di una lontananza di metri o chilometri, ma è quella lontananza da Dio che il peccato suscita in noi, il peccato infatti ci separa da Dio). Al Padre non interessa niente della vita passata del figlio, gli interessa solo di averlo ritrovato, gli interessa soltanto che suo figlio si ricordi di essere figlio e pertanto si ricordi di avere un padre. Come vede questosuo gesto, dice la Scrittura, il Padre gli corre incontro commosso e non reclamai suoi diritti, si butta dietro le spalle anche la sua giustizia; gli corre incontro mosso solo dalla sua compassione e, dice sempre la Scrittura, gli si getta al collo e Io bacia. Se immaginiamo la scena, vediamo questo Padre chestringe talmente forte il Figlio che non gli permette neanche di parlare, neanche di pronunciare le sue parole di pentimento: è un amore così grande chelo pervade e basta.Un aspetto particolare dei perdono di Dio quale questa parabola ci esprime, è la pienezza in tutte le dimensioni, cioè il Padre non dice al figlio: “Dopo un po’ di tempo che tu hai messo giudizio, allora io potrò accoglierti nella mia benevolenza, potrò considerarti nuovamente uno della famiglia”, no, Io reintegra subito nella dignità di figlio, lo accoglie subito! E poi prende anche le difese di questo figlio nei confronti dell’altro che protesta, e guardate che queste sono le difese che il Padre sempre prenderà nei confronti del peccatore pentito, contro tutti quelli che lo accusano, che lo giudicano, che parlano resurrezione male,contro tutti quelli che mettono le etichette e non le tolgono più, cioè contro tutti quelli che dicono: “Sarà proprio vero che quella persona è cambiata? lo la conosco bene, non cambierà mai.” Il Padre difende queste persone, il Padre sempre accorda il perdono a chi è pentito, senza limitazioni e senza condizionale; questo ci apre il cuore alla fiducia, alla speranza e ci fa esclamare: “Ma allora i miei peccati passati non contano più!” Tu, oPadre, non sarai capace di dimenticarmi e di cacciarmi come figlio, neppurequando sono caduto nella melma, con la faccia nel fango, perché Tu nonpotrai rinnegare la tua opera e la tua paternità. Non c’è forza al mondo capace di cancellare la tua paternità dentro di me. Tu, o Padre, potrai ancoraamarmi con un amore di predilezione e mi accoglierai tra le tue braccia ecome il buon Samaritano curerai le mie ferite e verserai sopra di esse l’oliodella pace e mi dirai: “Vivi, figlio mio, vivi! lo voglio che tu viva, perché iosono il Dio dei vivi, non dei morti. Io sono il Vivente!”.Siamo tanto, tanto amati dal Padre, ma anche noi dobbiamo riamarlo,anche noi! Amarlo è anche impegnarci con tutte le nostre forze a crescere come figli sottomessi alla sua volontà. Così è stato per Gesù, infatti il suo essere Figlio si è risolto sempre nel fare la volontà del Padre; Gesù non dimentica mai di essere figlio e non si sente neanche diminuito, né condizionato da questa dipendenza misteriosa dal Padre, quello che conta per Gesù è fare solo la volontà del Padre. Lui dirà che fare la volontà del Padre è “suo cibo e sua bevanda”, anzi, l’unica ragione della sua vita e della sua missione qui sulla terra.Allora anche il nostro cammino nel diventare figli va consumato nel vivere enel dire: “Padre, sia fatta la tua volontà e non la mia”. E questo non è sempre facile, soprattutto quando fare la volontà di Dio significa andare contro la nostra volontà, contro i nostri desideri, contro quello che piace a noi. In sostanza è più facile sapere che siamo figli di Dio, ma è molto, molto più difficile diventarlo! Noi sappiamo che si diventa figli essendo radicati  dall’eternità nella casa del Padre, ma il cammino per diventare figli va consumato qui, in questo mio tempo, in qualsiasi situazione, in qualsiasi condizione io mi trovo; è qui che io mi trovo di fronte a Dio con la mia volontà, è qui che io devo dire sempre: “Padre, si compia la tua volontà e non la mia!”, altrimenti sono un figlio prodigo che tradisce il Padre. La volontà di Dio è sempre amore, Lui è amore; anche quando le apparenze possono dire il contrario, anche quando siamo nella sofferenza, anche nei momenti più bui, Dio è amore. Qui sulla terra non riusciamo a comprenderlo sempre, ma sicuramente quando saremo in Paradiso sapremo con esattezza che Dio per noi è amore, anche nei momenti di grande dolore, di grande sofferenza, nella malattia, anche nella perdita di persone care, nella morte, Dio è amore! La volontà del Padre è quella che noi siamo e ci consideriamo veramente fratelli, il Padre desidera che ci amiamo fraternamente, questo è il grande desiderio del cuore di Dio. Come possiamo chiamare Dio Padre, se primanon ci crediamo fratelli fra di noi? Il fatto che Gesù è il Padre di ciascuno dinoi è una verità grandissima, è una verità che ha conseguenze inesauribiliper la nostra vita; non saremo mai figli in Gesù se non siamo fratelli con Lui.Ora c’è una dimensione della figliolanza divina di cui noi tutti siamo partecipi fin dal battesimo; è la dimensione che si esprime soltanto nella fraternità; e la fraternità si realizza nell’amore e ha dei gesti, degli atti particolari,profondamente cristiani, quelli che S.Paolo ci indica nell’inno alla carità:‘La carità è paziente, è benigna la carità: non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. Lacarità non avrà mai fine.” (lCor 13,4-7).E’ questo l’amore che noi dobbiamo vivere, cari fratelli e sorelle, l’amore è una cosa concreta, non è una cosa astratta, ha atti e gesti concreti e noi siamo chiamati a viverli innanzi tutto nella nostra famiglia, perché non ha senso che noi facciamo con gli altri, in comunità, gesti e atti di carità e poi nelle famiglie viviamo divisi, viviamo l’inferno nelle nostre case. Capite bene che questo non tiene! Allora viviamo questo amore prima nella nostra famiglia, nella comunità, nella Chiesa e con ogni persona, questo si aspetta da noi il Signore e dobbiamo crescere veramente tanto tanto nell’amore, e dobbiamo diventare sempre di più persone misericordiose. Ora in questo cammino nell’amore teniamo presente una cosa: che ogni nostro fratello, ogni nostra sorella è avvolto e difeso dalla misericordia di Dio; teniamolo sempre scolpito, fratelli, nella mente e nel cuore che ognuno di noi è difeso dalla misericordia di Dio. A volte è meglio passare per sciocchi, per incapaci, è preferibile che gli altri si approfittino di noi, pur di arrivare ad essere persone misericordiose, persone che amano veramente! In questi giorni abbiamo anche buone occasioni per viverlo e per sperimentarlo,ci sono molte difficoltà, allora facciamo una gara tra di noi a chi si ama di più, nelle piccole cose, quando dovremo uscire con le macchine, quando dovremo prendere i posti… Tutta la nostra vita deve diventare un canto d’amore, il cristianesimo è tutto qui, e qui entriamo nel cuore del messaggio diGesù, perché solo l’amore conta.Ricordiamoci che qualsiasi cosa facciamo ai più piccolo dei fratelli di Gesù,l’abbiamo fatto a Lui. Ricordiamoci che solo l’amore è importante, solo l’amore rimane in eterno e soltanto l’amore sarà l’argomento del nostro esame finale. Noi non ci pensiamo mai, ma questo sarà l’argomento del nostro esame finale, quando il Signore dirà: “Avevo fame e non mi hai dato da mangiare, avevo sete e non mi hai dato da bere…” e noi gli diremo:“Signore, ma quando mai ti ho visto affamato e assetato e non ti ho dato da mangiare e da bere?”, il Signore risponderà: “Quello che non hai fatto al più piccolo dei miei fratelli, non I’ hai fatto a me!”. Non dimentichiamo mai questo.Noi potremmo portare sul piatto della bilancia anche queste cose: “Ma come, Signore, ho compiuto tante liberazioni, guarigioni; ho cantato in lingue,ho fatto le profezie, ho cacciato i demoni…” e il Signore può risponderci: “Io non ti conosco”, questa è una frase che mi fa rabbrividire, non so a voi che effetto fa. Se tutte queste cose noi l’abbiamo fatte senza amore, per di più nel peccato, per la nostra superbia, per la nostra vanagloria, potremmo sentirci dire dal Signore: “Io non ti conosco”! Ora noi vogliamo amare, io so che noi vogliamo amare, perché quello che c’è nel mio cuore c’è anche nel vostro; abbiamo dentro un grande impulso,una grande spinta ad amare, vogliamo realizzare questo progetto di Dio, ma spesso non ci riusciamo perché siamo trattenuti dal nostro orgoglio, siamo trattenuti dall’egoismo, dalla paura, dall’indifferenza. E anche quando superiamo tutti questi ostacoli, ce n’è un altro: l’ostacolo del fascino delle parole. A noi piace sentire parlare d’amore, ci piace anche parlarne, ma se siamo soltanto persone che ascoltano e poi non mettono in pratica, noi non abbiamo fatto ancora niente. Se io mi fermo all’ascolto dell’amore di Dio, non ho fatto niente! S. Giovanni dice: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con fatti e nella verità”. Noi siamo bravi ascoltatori, ma dobbiamo passare da quella schiera di bravi ascoltatori a quella di coloro che vivono la parola di Dio, che la mettono in pratica. Ora chiediamo al Signore di liberarci da tutte queste schiavitù per tare un cammino sempre più profondo nell’amore. Comunque è molto difficile amare se noi non siamo in stretto contatto con Lui, perché Lui è la fonte e la sorgente d’amore, da Lui prendiamo la forza di amare, di perdonare. Se lo Spirito Santo mi convince oggi che ho dei rancori verso qualcuno, che io oggi devo perdonare, è bene che io lo faccia oggi, questo, non domani. Se non perdono oggi, rifiuto la vita, rimango nella schiera di quei Cristiani teorici, quelli che sono Cristiani solo di nome, anagrafici Rifiuto la vita e Cristorisortosicuramente sono uno che non conosce Dio, perché chi non ama, dice l’apostolo Giovanni, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore!Perdonare non significa “mettere una pietra sopra”, perdonare è arrivare fino al punto di amare i propri nemici, come ha detto Gesù. Il vero perdono è quando il ripensare a un evento doloroso, a una persona che mi ha offeso non mi provoca più dolore, non è metterci una pietra sopra!Perdonare è anche rinunciare a qualsiasi tipo di vendetta, e per vendetta non si intende solo l’azione di rivalsa: “Tu mi hai fatto questa cosa e io te ne faccio un’altra, anche di peggio”, per vendetta si intende anche il dire cose cattive di chi ci ha fatto soffrire e non solo, anche il venire a sapere delle sue sconfitte, dei suoi errori e di provarne piacere, di goderne, anche questo è vendetta. Accettare e coltivare questi piccoli piaceri di vendetta significa uccidere la speranza di poter dire un giorno: “Fratello mio, sorella mia!” Ma se, con un atto di fede, io riesco a dire a chi mi ha fatto soffrire:“Sì, mi hai fatto male, ma io ti voglio bene perché tu, nonostante tutto,sei mio fratello, sei mia sorella”, se noi facciamo questo noi siamo già nel Regno, siamo nell’amore che può perdonare. Sappiamo che questa capacità di amare ci viene solo da Dio, perché è difficile. Siamo chiamati ad amare come ama Lui, come ama il Padre,che ci ha amato fino a dare la vita del proprio Figlio per noi, e Gesù ci ha amato fino a dare la propria vita; dice l’apostolo Giovanni: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, fino a dare la vita e non c’è amore più grande di chi dona la vita. Dunque anche l’appello alla conversione, cari fratelli e sorelle, è opera del Padre, è Lui che ci ha donato una vita nuova e la rinnova continuamente, tutti i giorni, fino alla pienezza; è Lui che desidera che i suoi figli camminino in questa novità di vita, la vita dell’uomo nuovo”. L’uomo nuovo è Gesù, Lui è il nuovo Adamo, in fondo noi dobbiamo diventare sempre di più Gesù; il Cristiano è infatti un altro Cristo e noi dobbiamo diventare altri Cristo Gesù, e tornando a ciò che dicevamo all’inizio, è Lui che deve crescere e noi diminuire. L’uomo nuovo, per rimanere tale e per crescere, ha delle esigenze morali, e la nostra morale cristiana è una morale pasquale. Voi sapete che Pasqua significa passaggio, quindi un continuo passaggio dalla morte alla vita, una continua mortificazione dell’uomo vecchio” per lasciar posto a quello nuovo ricreato in Gesù dallo Spirito Santo.Ora ricordiamoci che l’uomo vecchio” è come un cadavere legato a un piede, come una palla di piombo, è un cadavere che ha questa capacità di risorgere e noi lo facciamo risorgere, con i nostri peccati; mentre il Padre ci invita a lasciare questo “uomo vecchio”, che non si rialzi più… L’uomo vecchio” ha il suo “abito” che è fatto di peccato, di atteggiamenti che sono proprio di questo mondo, come l’immoralità, le passioni, le impurità, i desideri maligni, l’invidia, l’ira, la cattiveria, il giudizio, le calunnie, le parole volgari.Ma anche l’uomo nuovo” ha il suo ‘abito”, e noi dobbiamo lasciare quello vecchio e non metterlo più, e dobbiamo rivestirci dell’abito nuovo, con tutto il suo corredo di virtù come la misericordia, la bontà, l’umiltà, la pazienza, il perdono, il dominio di sé. Più vado avanti e più mi viene in mente questa riflessione, il Signore ci ha mandato in questo luogo per il Convegno e abbiamo avuto tante difficoltà e ora sono convinto che queste difficoltà sono un dono di Dio per crescere nella santità. Infatti ci è stata data una grande opportunità, è qui che dobbiamo esercitare la misericordia, la bontà, la pazienza, il perdono… Il Signore ci sta facendo un regalo! Fisicamente saremo stanchi, ma questo conto poco; spiritualmente il Signore ci sta facendo un vero regalo.Il Padre dunque ci invita a liberarci da tutte le schiavitù dell’uomo vecchio”,le schiavitù che poi sono l’opposto della figliolanza; l’uomo è tanto bravo ad inventarsi idoli che poi Io strumentalizzano, lo schiavizzano. Dice Giovanni:“Chiunque commette peccato è schiavo dei peccato”, ebbene, contro ogni forma di schiavitù, noi dobbiamo affermare la nostra figliolanza. Il Padre, cari fratelli e sorelle, ci vuole santi, santi e immacolati al suo cospetto, nell’amore! Quante volte, nelle nostre riunioni di comunità, sarà uscita questa profezia:“Siate santi, perché lo sono santo. Siate santi ad immagine del Santo che vi ha chiamato”. Oggi il Padre rinnova questa profezia, questa chiamata e ci invita tutti a camminare alla sua presenza in purezza e santità di vita,per accoglierci come figli e manifestarci sempre di più tutta la forza del suo amore; questo dice S.Paolo nella Lettera ai Corinzi in quel passo da cui abbiamo preso il tema del nostro Convegno: “Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l’iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro, e con loro camminerà e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e riparatevi,dice il Signore, non toccate nulla di impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi come un padre e voi mi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente”(2 Cor 6,14-1 8).Allora, fratelli, se noi ci separiamo dall’impurità, il Padre ci accoglie sempre di più come figli e ci manifesta la forza del suo amore e ci ricorda pure che noi siamo tempio, il tempio dello Spirito, e non possiamo mai dimenticare che siamo parte del Corpo di Cristo e tempio dello Spirito, anzi, noi siamo il Tempio di tutta la Trinità, questo ce lo ha detto Gesù: “Chi mi ama osserverà la mia parola, il Padre mio lo amerà, anch’io lo amerò e noi prenderemo dimora presso di lui”, allora il Padre, il Figlio, Io Spirito prendono dimora dentro di noi! A questo pensiamo poco.Comunque se prendiamo coscienza che noi siamo tempio dello Spirito, che il Dio della verità abita dentro di noi, tutto diventa più delicato, perché se io commetto impurità in qualche modo prostituisco il Corpo di Cristo, compio una specie di sacrilegio, commetto una violenza al Corpo di Cristo. Dice S.Paolo: “Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo?”.Dunque il Padre ci chiede una purezza del corpo, del cuore e della lingua.Ora la purezza del corpo ci è chiara, o perché l’abbiamo vissuta, o perché ne siamo informati da televisione, giornali.., quante bestialità si commettono oggi! Quante, quanti peccati si commettono oggi di cui, come dice S.Paolo, è vergognoso persino parlarne, le leggiamo dai giornali: quanti incesti, aborti, adulteri, infedeltà, quante fornicazioni, quanta pornografia. Il sesso è diventato un idolo fortissimo che paralizza, che schiavizza, che provoca fissazioni.
Il Padre ci chiede anche una purezza del cuore che cita rifuggire non solo da questi atti che ho detto, ma anche dai pensieri e dai desideri cattivi, perché nel nostro cuore si consumano un’infinità di peccati e noi non ci pensiamo. Gesù ha detto addirittura che noi, nel nostro cuore, possiamo consumare l’adulterio, pensate! E poi una purezza della lingua a cui non pensiamo mai;invece la lingua è tremenda, ha un potere tremendo, la lingua può fare male,molto male, questo ce lo dice l’apostolo Giacomo: “Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo.Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità,vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. E’ dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei!” (Gc 3,210). Non deve essere così, perché dalla nostra bocca può uscire benedizione e maledizione.Dunque, cari fratelli, stiamo attenti alla lingua, dobbiamo essere trasparenti,umili, la purezza della bocca ci deve far rifuggire dai discorsi sciocchi,volgari, equivoci, dalla maldicenza, dal giudizio e ci deve far impegnare ad essere schietti nel parlare, franchi, leali, a immagine di Gesù del quale si dice: “Sulla sua bocca non si trovò inganno”.Il Padre ci invita ad essere puri, ai puri Lui promette una grande beatitudine:“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”, ora vedranno Dio non significa solo vederlo nell’aldilà, perché noi viviamo il “già e non ancora”, noi viviamo già gli anticipi dell’eternità, dello Spirito, siamo già9-jesus-praying-web (1) immersi nell’eternità, anche se non abbiamo ancora raggiunto la pienezza; per cui noi già, sin d’ora, possiamo vedere Dio. Se ¡ puri di cuore sono coloro che si liberano dalle impurità e dalle imperfezioni, sono anche coloro che possono vedere Dio, perché le imperfezioni sono come una lastra che mettiamo tra noi e Dio.Una visione che su questo mondo sarà certamente di fede, capite, cioè una visione sempre più viva e forte del suo amore e della sua misericordia. Man mano che noi ci liberiamo da tutte le schiavitù, da tutte le impurità,noi entriamo nella dimensione della paternità di Dio che continuamente ci genera e ci fa suoi figli. Ora che noi siamo veramente figli di Dio,come ci dice S.Paolo, ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito di suo Figlio che grida: “Abbà, Papà, mio” e questo dono di essere figli deve fare esplodere in noi gioia, gratitudine e una grande lode, una lode che esce dal profondo del cuore: “Abbà, Papà, Papà mio!”, così grida Gesù, il Figlio, e tale invocazione la mette sulla nostra bocca, come l’ha messa sulla bocca di miliardi di persone che ci hanno preceduto e chissà di quanti altri ne verranno dopo.Questo non è un grido umano, anche se viene attraverso la voce umana,è un grido che viene suscitato in noi dallo Spirito Santo, come suscita nel cuore di Gesù quell’esclamazione di amore al Padre: “Abbà, Papà”; è il grido di Gesù che eternamente chiama il Padre, come fonte del suo essere: “Papà, Papà mio! Vita mia, mio tutto!”. Anche noi partecipiamo di questo grido di confidenza e di abbandono al Padre e anche noi troviamo nel Padre tutto il senso del nostro essere.“Abbà, Padre!” è anche il grido di Gesù sofferente, del Figlio obbediente, umile e sottomesso, che ha preso su di sé il peccato e la miseria dell’uomo. E’ anche il grido di Gesù nel Getsemani: “Abbà, Papà, se possibile,passi da me questo calice; tuttavia non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. E’anche il grido dei Figlio abbandonato sulla croce: “Abbà, Papà mio, perché, perché mi hai abbandonato?”; ma è anche il grido del Figlio che si affida totalmente al Padre: “Abbà, Papà, nelle tue mani consegno il mio spirito”.Questo grido “Abbà” è il grido di Gesù ed è anche ii nostro grido di invocazione e di richiesta di aiuto ai Padre: “Papà, aiutami!”.L’invocazione che Gesù fa al Padre negli ultimi istanti della sua vita terrena, è ii grido di tutta l’angoscia dei mondo, tutta l’esperienza della creatura travolta dal male, tutta l’amarezza di chi si sente solo e schiacciato dal peso della sofferenza, della malattia, della paura: “Abbà, Papà!”.E’ anche il grido della speranza, non solo dell’angoscia, che cita capire che comunque Dio non ci abbandona, perché Lui è lì, sulla croce, abbandonato e disprezzato da tutti; ma è proprio lì sulla croce che Lui assume tutto il dolore, tutto il male del mondo. Questo ci dà la certezza che non siamo più soli, fratelli e sorelle, noi non siamo più soli, perché abbiamo accanto Qualcuno che ha percorso tutto il cammino dei dolore dei mondo per liberarcene.“Abbà, Papà!”, è anche il grido del Signore risorto, vittorioso sul peccato,sulla morte e su ogni tipo di male. La morte voleva distruggerlo, il diavolo ha tentato di allontanarlo dalla volontà dei Padre, ma il Padre io ha conservato nel suo amore. Per questo Gesù si tiene unito per sempre al Padre e può gridare: “Papà, Papà mio!”, con tutta la forza del suo amore. Nel Signore risorto tutti noi, fratelli e sorelle, possiamo proclamare questa vittoria di Gesù al Padre e nel momento in cui noi esclamiamo: “Abbà,Papà, Papà mio!”, ogni potenza del male fugge e trema perché noi affermiamo la nostra appartenenza di figli del Padre; quando invochiamo questo nome il diavolo trema e fugge.Pertanto il grido “Abbà!” è il grido che proclama la vita immortale, la resurrezione, la liberazione, la guarigione. E se qualcuno di noi è ancora schiacciato, è nello spirito di morte, gridi, anche in questo momento, senza vergogna: “Abbà, Papà mio!”, perché questo è un grido di vittoria che mette in fuga le tenebre, mette in fuga il maligno e ci libera dalla paura della morte,dalla malattia, dalla sofferenza. Gridatelo dal profondo dei cuore, ditelo: Abbà, Papà mio, guariscimi!” e chi lo grida con fede al Padre in questo momento può ascoltare la parola dei Padre che dice: “Vivi, figlio mio, perché io voglio che tu viva!” Lo Spirito del Figlio che in noi grida “Abbà” è anche la nostra guida,la nostra forza che ci solleva, è come il carro del fuoco per Elia che ci porta incontro a Gesù e, con Lui e in Lui, tutti insieme veniamo sollevati fino al Padre. Perché lo Spirito di Gesù, il Figlio che grida Abbà” ci spinge piano
piano in un cammino di ritorno al Padre, ma quanta fatica e quanto sforzo ancora noi dobbiamo fare per ritornare al Padre.Questo ritorno è un cammino di rinuncia al peccato, del distacco dalle cose, da tutto, un cammino di spogliamento, di povertà, di rinuncia a ogni stima, ad ogni comprensione, a ogni attaccamento; questo non è un disprezzo per le cose, ma è la preferenza che noi dobbiamo avere per il Signore. Fintanto che le cose hanno per noi un peso, un valore, noi ancora non siamo ritornati alla presenza del Padre, alla sua casa. Ma nella misura in cui noi ci abbandoniamo alla azione dello Spirito, noi veniamo liberati interiormente da ogni schiavitù, da ogni legame che ci nasconde il volto del Padre e ci rende più liberi per camminare più speditamente verso la sua casa. E quando saremo ritornati alla presenza del Padre, allora ci accorgeremo, cari fratelli e sorelle, che tutto possediamo, niente ci è stato tolto; possediamo tutto quello che avevamo perduto, non tanto perché Dio ci ridona quello che avevamo lasciato, ma perché niente ci era stato tolto.Quello che il Signore ci chiede è una libertà da tutto, da ogni schiavitù,quelle schiavitù a cui ci ha costretto il peccato. Ora raggiungere il Padre,ritornare a Lui, è un’aspirazione che lo Spirito di Dio suscita nel cuore di ogni creatura. Di questo, cari fratelli e sorelle, noi non dobbiamo avere paura. Ieri con il Vescovo ho parlato proprio della vita eterna, di questo ritorno al Padre; oggi non se ne parla più, se ne parla poco anche nella Chiesa, perché la mentalità del mondo piano piano entra e può entrare anche in noi. Il mondo esorcizza la morte non parlandone, perché per chi non crede la morte è un male irreparabile, la fine di tutto; per noi no, non è così, è una porta buia perché dolorosa, ma apre alla luce! Per cui noi ce la annunciamo la vita eterna,come dice S.Giovanni: “Noi annunciamo la vita eterna”, questo ci annunciamo! Altrimenti che cosa facciamo qui se non ci annunciamo la vita eterna? Noi dobbiamo essere persone che guardano sempre di più in alto; dobbiamo stare sulla terra e con i piedi ben piantati per terra, d’accordo, ma il nostro cuore e il nostro sguardo deve andare in alto, lassù, come dice Paolo ai Colossesi: “Cercate le cose di lassù”, non quelle di questo mondo,perché lassù è la nostra vera vita, quella che è nascosta con Cristo in Dio. E il nostro spirito deve sussultare, sapendo che Dio , che è iI Padre, è là e ci aspetta; è anche qua, ma per portarci di là, per farci essere, nella sua ora, nell’ora di Dio, cittadini del cielo.Lo Spirito che continuamente grida: “Papà, Papà mio”, ci spinge piano piano, ma sicuramente e inesorabilmente, nell’Eden di Dio, per farci entrare sempre di più in quel riposo di Dio, nel “sabato eterno” che segue alla creazione dell’uomo. E lo Spirito di Dio, in questo cammino di ritorno non ci conduce soltanto nel Paradiso, cioè in quel giardino da cui l’uomo è stato cacciato per il peccato, ma ci mette sempre di più, cl inserisce nel cuore stesso di Dio. E nel cuore di Dio dove eternamente dimora il Figlio unigenito da tutta l’eternità, lì, in quel luogo è anche la nostra dimora, lì è il luogo del nostro riposo, della nostra pace, della nostra gioia, di quel silenzio stupendo e ineffabile. Lì tutti I nostri desideri saranno compiuti, le nostre speranze realizzate, il progetto di Dio sarà tutto rivelato,la sua gloria sarà piena e la nostra beatitudine sarà completa.Allora, in quel momento Io conosceremo, come Lui ci conosce e lo vedremo così come Egli è, perché Io vedremo faccia a faccia. E nell’abbraccio con Lui,quando saremo tornati nel suo seno, nel seno del Padre, in questo abbraccio con l’Amore Eterno, ognuno di noi potrà dire; “Finalmente sono arrivato,Papà, Papà mio!”. Amen.

Share This