“Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni!”

 

Il fine ultimo della storia è la manifestazione senza veli dello splendore di Dio, è il ritorno glorioso del Signore, evento verso il quale si muovono tutti i percorsi delle vicende umane.

Con l’incarnazione di Gesù, Dio Padre immette nella storia un principio di grande potenza, sotto il cui segno stanno tutti i tempi, passati e futuri. Tuttavia il tempo definitivo della salvezza, nel quale il male sarà completamente superato, deve ancora venire; nessuno sa quando, però non vi è nulla di più certo di questa ora, perché verrà sicuramente. E a quella ora il nostro sguardo deve rivolgersi continuamente; deve dirigersi lassù, nel “silenzio di Dio”, guardandolo non come se fosse un mondo estraneo, ma come una realtà che ci è familiare, alla quale pure noi apparteniamo.

La nostra vita infatti è tutta tesa tra il passato e il futuro, tra l’Ascensione al cielo e il Ritorno ultimo di Gesù, e noi dobbiamo crescere proprio tanto nel desiderio del ritorno del Signore. Dobbiamo amare la sua venuta e compiere il nostro lavoro nel mondo nella continua attesa che si compia la beata speranza; non dobbiamo vedere nella terra l’ultima realtà, né lasciarci incantare dalla sua magnificenza.

Finché esistono le forme, la mentalità, l’agire di questo mondo, a quelli che credono solo nel mondo è dato potere anche sopra al Figlio dell’uomo: quando Gesù era sulla terra infatti lo abbiamo visto impotente e senza difesa; questa è la legge a cui soggiace per volontà del Padre. Ma in quell’ora futura verrà dimostrato che Egli è il Potente, il Signore della storia e del cosmo. Colui che è stato tradotto in giudizio in catene è lo stesso che con lo splendore della sua apparizione fulminerà i suoi giudici che, come dice la Scrittura, “vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi con molta potenza e gloria”.

E mentre la prima venuta, sebbene fosse anch’essa destinata alla conoscenza di tutti, avvenne così nascostamente che anche molti vicini non si accorsero di nulla, la seconda venuta si svolgerà invece al cospetto del mondo intero, nello splendore della sua maestà. Col suo seguito celeste Egli farà la sua entrata nel mondo, preparato a questo avvenimento dalla sua vita, dalla sua morte, dalla sua risurrezione e dalla testimonianza di tutti i credenti, e sarà un giorno di gioia e di trionfo, di redenzione e di salvezza.

 

Mille anni come un giorno

 

Dobbiamo guardare con fiducia e speranza al Signore che viene. Questa promessa brilli come un faro luminoso che ci guida nelle tenebre delle tribolazioni e delle persecuzioni e ci dà la forza per resistere a tutte le tentazioni di rilassamento che possono assalirci. Che questa promessa non si sia ancora adempiuta non è motivo per dubitare, ma per rimanere costantemente in attesa, come dice l’apostolo Giacomo: <<Siate pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore>>. Sarebbe fatale per noi se tale coscienza si affievolisse.

Anche l’apostolo Pietro mette in guardia i Cristiani dall’intendere falsamente l’indugio del ritorno di Gesù e dall’interpretarlo come un ritardo nell’adempimento delle sue promesse, per abbandonarci illusoriamente alla quiete e alla spensieratezza. Scrive infatti nelle sue lettere: <<In primo luogo sappiate questo: negli ultimi giorni verranno degli uomini beffardi, schernitori, che vivono secondo le loro passioni, e diranno: dov’è la promessa della sua venuta? Perché, da quando i padri sono morti, tutto è rimasto come era fin dal principio della creazione….. Ma c’è una cosa, o miei cari, che voi non dovere ignorare, che cioè un giorno davanti al Signore è come mille anni, e mille anni come un sol giorno. Il Signore non tarda nel compiere la sua promessa, come qualcuno pensa; ma è paziente vconvegno2001erso di voi, perché non vuole che alcuno perisca, ma che tutti giungano al pentimento. Il giorno del Signore verrà come un ladro…. Per questo miei cari, mentre vivete nell’attesa di tutte queste cose, procurate di esser trovati da Dio senza macchia, senza colpa nella pace>>. 

L’apostolo Giovanni pure esorta alla vigilanza, alla conversione e a ritrovare l’amore forte dei primi tempi. Alla Chiesa di Sardi, che quale si era abbandonata esageratamente al culto e al traffico delle cose terrene, fa un aspro rimprovero: <<Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto. Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te>>.

In questa comunità la vita cristiana genuina era scaduta e non rimanevano che vuote abitudini religiose, poiché non contava più sulla venuta del Signore, come al tempo del fervore iniziale, ma sulle sue false sicurezze.

Comunque, per quanto possa essere lungo il tempo fino all’ultimo giudizio, questo è sempre vicino; perciò non possiamo trascorrerlo sonnecchiando e sognando. Dobbiamo invece vivere nella continua vigilanza e sobrietà di cuore, rivolti continuamente a Lui.

E questo lo possiamo, perché il Signore ci ha donato il suo Spirito. È lo Spirito Santo che ci mantiene spiritualmente svegli.

Per noi si è fatto giorno, la notte è passata, perciò non è più tempo di dormire nell’ombra della morte (morte procurata dal peccato), anche se il giorno della luce del Signore è ancora attraversato dalle tenebre. È giorno e notte nello stesso tempo, perché già risplende la luce di Gesù e tuttavia ancora regnano le tenebre, il male. A volte siamo assaliti dalla tentazione di non badare che già è giorno fatto e di continuare a sonnecchiare spiritualmente, supponendo che sia ancora notte;  ma dobbiamo sapere che ogni minuto che protraiamo nel sonno fa crescere in noi il pericolo di perdere il momento buono. Allora potrebbe essere troppo tardi.

Perciò è molto importante che, se siamo stati risvegliati da Gesù, rimaniamo ben svegli. Questo nel Vangelo è descritto molto bene nella parabola delle vergini prudenti e di quelle stolte.

Dunque dobbiamo impegnarci in un cammino serio di conversione, vigilando sull’insidia della tiepidezza, per non finire nella carne dopo aver iniziato con lo spirito. E per questo dobbiamo tutti ritornare a quelle cose con le quali abbiamo iniziato il nostro cammino nel Rinnovamento Carismatico, nella Comunità. Ritornare alle cose essenziali, all’amore dei primi tempi, quando abbiamo incontrato Gesù per la prima volta.

 

Nella signoria di Gesù

 

Per uscire da situazioni di appiattimento, l’unica cosa è chiedere con umiltà e fede una nuova effusione di Spirito Santo, pregando insistentemente e chiedendo al Signore il dono dello stupore.

Lo stupore è proprio di chi si lascia sorprendere perché accoglie tutto come un dono gratuito. Anche quei doni e carismi che esercitiamo da tempo in Comunità  e che dobbiamo vedere ogni volta come novità dello Spirito, dati solo per l’edificazione del bene comune.

È significativo che S. Paolo non definisce mai il cristiano un uomo carismatico bensì un uomo spirituale, cioè mosso dallo Spirito Santo, capace di mettere a servizio degli altri i carismi ricevuti; perché come ci insegna il Vangelo, noi potremmo avere i carismi ma rimanere ugualmente uomini carnali. Matteo ci ricorda al riguardo: <<Signore, Signore, non abbiamo noi profetato e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me voi, operatori di iniquità>>.

L’esperienza carismatica è autentica quando non si ferma al suo carattere estatico e straordinario, ma quando conduce ad aderire alla persona di Gesù e al suo Vangelo.

  1. Paolo fa una lista gerarchica dei carismi, mettendo al primo posto gli apostoli, poi i profeti e i maestri e poi il carisma dei miracoli. Noi invece siamo portati a definire un fratello carismatico solo se ha un carisma di guarigione, di liberazione o di conoscenza, mentre difficilmente definiamo carismatico chi evangelizza o si preoccupa della formazione e della catechesi.

Il vero carismatico, nel Rinnovamento e nella Chiesa, non è chi fa sfoggio del carisma come se avesse ricevuto un particolare potere che lo abilita a dominare gli altri con atteggiamento di superiorità, ma colui che favorisce un’esperienza autentica della signoria di Gesù; e i carismi producono effetti di conversione nella Comunità quando chi li esercita vive lui per primo sotto la signoria di Gesù e, con molto timore e trepidazione, consapevole della sua debolezza, dona ai fratelli ciò che ha ricevuto, senza arroganza, senza potere, senza cercare la propria gloria o il proprio successo.

Ora il Signore ci dice queste cose perché ci ama tanto. Ama tanto la sua Sposa il Signore e desidera che si prepari alle nozze con Lui; per questo la vuole purificare, togliendo da lei ogni ruga e ogni macchia. La vuole bella. Perciò è importante il nostro impegno in un cammino serio di conversione, che ha inizio nei pensieri e nelle immaginazioni del cuore, che spesso non sono buone. Riconosciamo che abbiamo pensieri egoisti, in accordo con le idee del mondo, mentre il Signore ci chiede di pensare secondo il cielo, mettendo in pratica i principi dell’amore, in opposizione a quelli di questo mondo decaduto e ribelle.

Per entrare e crescere nella vita nuova del Signore risorto è necessario far morire le aspirazioni della carne, cioè dell’uomo vecchio, quali: fornicazioni, impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizia, discordie, gelosie, collera, divisioni, invidia.

Il Signore desidera per noi una vita santa, esente dal peccato e dal male, che non è poi soltanto una vita morale perfetta, ma è un’esistenza che cresce nella speranza della gloria futura.

Ora la fidanzata, la sposa dell’Agnello, che è la Chiesa, la Comunità, deve dunque attendere lo Sposo con desiderio e vigilare su se stessa per essere trovata pronta per le nozze. Nessuno sa quando il Signore tornerà, però la Sposa deve tenere presente i segni precursori che, secondo la Scrittura, sono:

– l’annuncio della buona novella presso tutti i popoli,

– la conversione del popolo eletto,

– tribolazioni e persecuzioni per la Chiesa,

– la grande apostasia (l’anticristo).

Cristo verrà solamente dopo che la buona novella sarà stata annunziata a tutti i popoli.  Così è stabilito da Dio. Prima che il Signore faccia per la seconda volta il suo ingresso nel mondo, i popoli saranno stati messi dinanzi alla decisione di stare o con Lui o contro di Lui. Al suo ritorno non potranno perciò esistere che i suoi amici o i suoi nemici: gli uni vedranno in Lui il Re, il Signore da lungo tempo sospirato che finalmente viene, ma per gli altri sarà il grande avversario, che porrà fine improvvisamente alla loro vuota sovranità, costruita con tutti i mezzi della violenza e della menzogna.

 

Premesse per il suo ritorno

 

È difficile stabilire quando questa condizione annunciata da Gesù si sarà adempiuta come premessa per il suo ritorno. Non si può dire se oggi sia già adempiuta, perché non possiamo fissare con certezza quanto debba essere grande e come conformato un gruppo umano per realizzare il termine “popolo” usato da Gesù.

Non sappiamo se si riferisce solo ai grandi popoli che hanno un peso sulle sorti della storia, o anche a tutte le diverse stirpi all’interno di un vasto agglomerato. Non possiamo dare a questo riguardo nessuna risposta sicura. Possiamo però dire che, secondo la sua profezia, Cristo dovrà essere pubblicamente annunciato prima in tutto il mondo, così che alla sua seconda venuta non ci sia più nessun grande nucleo di uomini che possa sostenere di non conoscerlo. E non si può neppure dire se la fine sopravverrà appena la buona novella sarà stata annunziata a tutti i popoli, perché è solamente promesso che essa non è da attendersi prima, non che avverrà subito dopo l’annuncio.

Dunque, se desideriamo che lo Sposo venga presto, dobbiamo impegnarci tutti in una continua e potente evangelizzazione. Consapevoli però del fatto che ogni processo di evangelizzazione parte da un atteggiamento di conversione personale, perciò dobbiamo chiederci se veramente siamo convertiti al Vangelo che predichiamo. Il Vangelo, per annunciarlo, dobbiamo averlo prima nel cuore e nella vita, altrimenti il nostro annuncio è vuoto, suona come una campana stonata.

Per questo è importante essere continuamente in contatto con Colui che è la sorgente stessa della Parola. Un contatto intimo di cuore e di volontà. Qui è poi il segreto di una predicazione profetica, con parole che trafiggono i cuori.

C’è poi la conversione del popolo eletto. Gli atti di Dio relativi alla storia di Israele non sono ancora chiusi; la promessa divina non è diventata inefficace per la sua ribellione.

Una sua parte inoltre si è rivolta con fede al Signore; ricordiamoci che gli Apostoli e i discepoli erano Ebrei e questa parte non è stata respinta. Perciò si può dire che Dio non ha rigettato il popolo che ha prescelto e questo resto d’Israele salvato è diventato la radice dell’albero in cui sono stati innestati i nuovi rami, i popoli gentili (i pagani) e perciò tutti noi. È Dio stesso che ha piantato la radice e Lui non interrompe l’opera che ha cominciato, ma la conduce al suo fine: un giorno il popolo ebraico troverà e seguirà la via verso Gesù.

Allora si rivelerà l’amore di Dio per tutto il popolo convertito, non solo per un resto, ma per il popolo eletto e per i gentili insieme, <<perché i doni di grazia, e la chiamata di Dio sono irrevocabili>>. La sordità e la cecità avranno fine allorché la pienezza dei gentili sarà entrata nel regno di Cristo. Dunque la conversione e la salvezza del popolo eletto è legata al compimento del numero dei gentili.

Impegniamoci perciò a pregare per questi nostri fratelli maggiori (come li ha chiamati il Papa) tenendo presente che quando nella Celebrazione Eucaristica, nel Sanctus si canta “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”, si anticipa  quell’ora in cui il popolo di Israele acclamerà al Signore al suo nuovo ingresso nel mondo.

Una volta, quando Gesù entrò a Gerusalemme, lo acclamò solo una piccola parte del popolo, ma alla fine, al suo ingresso nel mondo, il popolo intero acclamerà al suo trionfo.

 

Se si dimentica lo Sposo

 

Un altro segno precursore del ritorno di Gesù è il grande furore e gli impeti di assalto che Satana scatena con violenza sempre più crescente contro la vita e la libertà dei Cristiani. Coloro che credono solo nel mondo infatti sono presi da una inquietudine sempre più grande e pensano di ritrovare tranquillità e sicurezza con l’eliminare i Cristiani, quali messaggeri molesti.

Il più grave assalto delle potenze sataniche però non si dirigerà contro la vita, bensì contro la fede dei credenti in Gesù. Quando si dimentica lo Sposo e ci si accomoda su questa terra come se fosse la vera patria, è normale che spuntino molti seduttori che, ammantati di pompa religiosa, vengano a promettere la loro salvezza all’umanità.

Dunque prima della fine deve venire la grande apostasia. Essa consiste nel fatto che gli uomini non crederanno a Dio né si affideranno alla sua guida, ma arriveranno a confidare unicamente nella terra e nelle sue forze. Al posto della fede in Dio subentrerà la fede nel mondo, sospingendo il Signore sempre di più alla periferia della coscienza.

Il mondo, con tutte le sue ricchezze, è qualcosa di trionfante, di potente; di fronte ad esso sembra che Dio perda di concretezza, che diventi irreale, anzi spesso svanisce completamente dallo sguardo dell’uomo moderno, che, strappatosi dalla sovranità di Dio, libero da Dio e senza Dio, pone tutte le sue speranze nel mondo e aspetta dal mondo tutto ciò che gli serve.

L’anticristo farà cose grandiose, tanto che gli uomini ne resteranno abbagliati e incantati, tenterà con successo di spacciarsi come messia e di farsi riconoscere come il realizzatore della religione. In questo modo egli distruggerà la fede in Gesù e nello stesso tempo andrà incontro al bisogno che l’uomo ha del divino: in questo la sua arte di seduzione raggiungerà il suo più alto trionfo, poiché combatterà Gesù in nome della religione, in nome di Dio. E così quelli che si sono lasciati sedurre potranno rivolgere a lui il loro bisogno di adorazione, dando all’anti-Dio, con un capovolgimento abissale, tutto l’onore che compete solo al Dio vero, al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, al Dio di Gesù Cristo.

Questo empio secondo S. Paolo è già in azione. Non è ancora entrato in scena ma, prima della sua comparsa storica, il suo spirito già si vede nei numerosi falsi messia, precursori e immagini anticipate dell’avversario che dovrà comparire..

La potenza dell’anticristo però è solo apparente; non occorre un grande dispendio di forze per abbatterle, basta la venuta di Cristo, che l’apostolo Giovanni contempla vincitore in una visione luminosa.

Basterà una parola uscita dalla bocca del Signore per ridurre in polvere gli avversari che fino ad allora avevano proceduto così sicuri di sé. La parola del suo giudizio è come una spada affilata che scende in mezzo ai nemici e li annienta. Così che l’anticristo e il suo profeta vengono gettati nell’abisso, da cui erano saliti alla scalata della potenza mondiale. Dall’inferno essi avevano ricevuto il loro mandato e la loro autorizzazione e ad esso ritornano.

 

Il tempo delle nozze

 

Ora non sappiamo se i segni precursori della venuta di Cristo siano già in corso, ma questo non deve preoccuparci più di tanto. Noi dobbiamo solo attendere vigilanti il Signore che viene. Credo che Gesù verrà presto se l’attenderemo ardentemente. Sarà la somma di tanti desideri a far esplodere la Parusìa, e quindi la celebrazione delle nozze eterne dell’Agnello con la sua Sposa.

Ma il tempo attuale non è la vera festa di nozze. Il tempo presente è il tempo in cui questa festa si prepara, è il tempo in cui la Sposa viene purificata dal suo promesso Sposo da ogni ruga e da ogni macchia, attraverso i Sacramenti, la Parola, la Penitenza.

Questo è il tempo del desiderio e della fedeltà, in cui occorre vigilare per riconoscere il passaggio dello Sposo, ascoltare la sua voce e seguirla; questo è il tempo in cui togliamo l’abito vecchio e ci disponiamo a rivestire l’abito nuziale.

È il tempo in cui lo Sposo è presente non fisicamente ma misteriosamente, tanto che il nostro cuorsposie è sempre desto per cercarlo dappertutto e per accoglierlo gioiosamente; è il tempo in cui Egli parla al nostro cuore e attende da noi una risposta di amore fedele. Se noi Cristiani facciamo nostri i sentimenti che furono in Cristo Gesù allora noi siamo come quella fidanzata che sta confezionando l’abito da sposa.

Attraverso la crescita a volte sofferta della nostra perseveranza noi perfezioniamo gradatamente la nostra capacità di amare Gesù e passare così dalla situazione di fidanzata a quella di Sposa.

  1. Paolo ci dice che nell’era presente la comunità cristiana è fidanzata a Cristo, mentre nell’era escatologica verso cui anela sarà la sposa. Questo spiega perché a un certo punto, nell’Apocalisse, l’angelo dice a Giovanni: <<Vieni ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell’Agnello>>. Adesso la Chiesa è ancora fidanzata e, in questa fase di crescita, si sente animata dallo Spirito che le suggerisce l’ardente e struggente invocazione: <<Vieni!>>.

La comunità terrena della Chiesa, che vive fino alla fine della storia, raggiunge la sua perfezione nella comunità celeste e verso di questa essa è orientata. E quando la Gerusalemme celeste discenderà sulla terra, verrà trasformata per sempre in quella città promessa da Dio, e sarà la realizzazione di tutto ciò a cui il nostro cuore aspira.

Allora il tempo della sofferenza umana sarà per sempre finito. Allora si adempirà ciò che predisse Isaia: <<Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio; parlate al cuore di Gerusalemme e ditele che la schiavitù è terminata>>.

E la Gerusalemme nuova è la realizzazione del sogno creativo di Dio. È una città nella quale gli uomini e Dio, superata la barriera che adesso li separa, potranno convivere insieme, amare ed essere amati con il tocco dell’amore infinito di Dio.

E la Chiesa percepisce dal di dentro che la Gerusalemme nuova è davvero la sua città. Perciò vale la pena di attraversare il fiume della precarietà, della sofferenza, della lotta sfibrante contro il male, di superare le lusinghe insidiose di tutte le Babilonie disseminate nell’arco della storia, per raggiungerla.

La Chiesa è anche consapevole che il nome di Gerusalemme, che Gesù aveva chiamato “Città del mio Dio”, si trova scritto sulla sua fronte, e avverte adesso con gioia e commozione di portarla nel cuore. E per questo che insieme allo Spirito dice: <<Vieni!>>.

In queste parole si raccoglie la vita dell’universo. Tutta la vita della creazione non è che implorazione ed attesa: <<Vieni!>>.

E la vita dell’universo è la vita stessa di Dio. La preghiera è della Sposa ed è anche dello Spirito. Dio chiama Dio. Lo Spirito chiama Dio, lo chiama per la preghiera della Sposa. <<E lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni!>>.

Lo Spirito soltanto può innalzare questa preghiera. Ma poiché la preghiera è innalzata dallo Spirito, è anche una preghiera potente, efficace in modo divino. E tuttavia è la preghiera della Sposa.

La Sposa è la Chiesa, l’umanità, la creazione intera. Questa preghiera, <<Vieni, Signore Gesù!>>, riassume la vita dell’universo intero, e l’universo ha una sua forza di ascesa e s’innalza. La Sposa sale e lo Sposo discende.

E nell’unità dello Spirito si compiono così le nozze divine. <<Vieni>> dice la Sposa. Gesù risponde: <<Ecco io vengo, si verrò presto!>>. AMEN.

 

di Paolo Serafini

Convegno Internazionale 2000

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