OLIVIA

Sono di nazionalità rumena, ma parlo bene l’italiano.

Frequento la Comunità da tre mesi soltanto e questo è stato perciò il mio primo Convegno. All’inizio non avvertivo la gioia di cui parlavano gli altri; anzi, dal momento che io sono un tipo molto tranquillo, mi sono trovata profondamente a disagio nel sentire alcuni piangere o gridare. Anche l’imposizione delle mani che ho ricevuto durante la preghiera comunitaria mi ha lasciata piuttosto impaurita, così ho detto al Signore: “Se non fai sentire anche a me quello che provano gli altri, domani non tornerò giù nella tenda”. E Lui dal palco, attraverso uno dei giovani animatori (che non conosce certamente la mia lingua) mi ha risposto proprio in rumeno: “Ti devi fidare di me! Devi aver fede”!

Allora non ho potuto far altro che alzare le mani, per arrendermi al suo amore, mentre un fratello che non conoscevo mi si è avvicinato e mi ha letto un brano della Scrittura che diceva: “Hai vinto la battaglia”!

Parr. “S. Maria della Perseveranza” – Roma

BARBARA

Dopo quattro anni di cammino nella Comunità Gesù Risorto di Contesse, scrivo la più bella testimonianza della mia vita. Riguarda la guarigione di mio figlio Giuseppe, che oggi ha nove anni. Circa un anno fa mi accorsi che il bambino aveva difficoltà a udire, quando gli parlavamo o chiedevamo qualcosa. Decisi allora, assieme a mio marito, di consultare un otorino. Abbiamo sentito il parere di ben tre medici specialisti, forse tra i più bravi di Messina, e tutti e tre ci confermarono che il bambino soffriva di una grave malattia d’origine genetica, che interessava tutti e due gli orecchi e che, con il passare degli anni, lo avrebbe portato alla sordità totale.

Voglio evidenziare che, da quando il Signore mi ha chiamato in questa Comunità a lavorare per Lui, nella mia vita e in modo particolare nella mia famiglia sono avvenuti tanti cambiamenti, che mi permettono di vivere più serenamente e di affrontare con molta fiducia le situazioni che ogni giorno si presentano. Tutti questi miracoli che il Signore ha fatto per me mi hanno fatto sperare, dal primo istante, che solo Lui avrebbe potuto cambiare quella situazione.

Iniziai a pregare di più, notte e giorno, con mio marito e i miei figli e con i fratelli in Comunità; ogni momento era quello giusto per pregare. Finalmente arriva il Convegno di Aprile-Maggio 2001 e, in uno dei tanti momenti forti, viene annunciata la guarigione dell’udito a tutte e due gli orecchi. In quel momento dissi con assoluta certezza: “Grazie, Gesù, perché stai guarendo mio figlio…”.

Tornati a Messina, non abbiamo mai smesso di pregare, a volte anche su di lui, chiedendo al Signore la guarigione specifica. Abbiamo trascorso l’estate sempre con lo stesso pensiero fisso: la guarigione del mio bambino.

Nel mese di settembre prenotai la visita di controllo con lo specialista che lo aveva visitato per ultimo, ma più che di una visita si trattava di stabilire quando iniziare a mettere l’apparecchio acustico. “Povero bambino che trauma…”. Facemmo il tragitto fino allo studio del professore pregando e piangendo, ma dentro ero serena; non riuscivo a capire, malgrado le lacrime, come potessi essere così tranquilla. Arrivati, avvertii più forte la presenza di Gesù; sentii che stava per accadere qualcosa, ma non potevo spiegarmi cosa. Continuai a pregare.

Il professore, dopo avere effettuato svariate volte la prova audiometrica, si mise a sbuffare, chiedendoci scusa. Io non riuscivo a capire di che cosa si dovesse scusare, fino a quando non ci disse chiaramente che, per la prima volta nella sua carriera, aveva sbagliato quando mesi prima aveva diagnosticato tale malattia. Gli chiesi allora di spiegarsi meglio e lui mi rispose: “Signora, non so come sia potuto accadere: suo figlio, cosa che pensavo impossibile, è guarito completamente”. Era a tal punto mortificato che non voleva addirittura farsi pagare la visita.

Lacrime di gioia continuavano a scendere mentre ringraziavo Dio per quello che era accaduto. Ritornata a casa telefonai immediatamente a uno dei responsabili per raccontare ciò che era successo, ma lui con molta tranquillità mi rimproverò, dicendomi: “Donna di poca fede, tutto è possibile a Dio!”.

Grazie, Signore, per aver ascoltato la mia preghiera!

Parr. “S.M. Immacolata” – Messina

LENA

Nell’83, dopo accurati esami clinici, mi furono riscontrate numerose cisti al fegato, che fui invitata a tenere costantemente sotto controllo poiché aumentavano di volume.

Un paio d’anni dopo il Signore mi chiamò a far parte della Comunità Gesù Risorto; mentre frequentavo il seminario, per ricevere l’effusione, durante uno dei periodici controlli, mi fu diagnosticato un angioma al fegato; il mondo sembrò crollarmi addosso. Mio figlio per farmi distrarre mi accompagnò in montagna e lì, sentendomi ancora più vicina al Signore, lo pregai incessantemente, affinché mi facesse guarire. Lo chiedevo per me stessa, ma anche per potergli rendere testimonianza dinanzi a tutti gli scettici che mi stavano intorno.

Ricordo che stavo leggendo un libro di Padre Tardif e mi colpì una frase: “Non parlare sempre tu, ascolta la voce del tuo Signore”. Così mi misi in ascolto e improvvisamente udii la sua voce che mi diceva: “Non temere, non aver paura, perché tu evangelizzerai nel mio nome”. Da quel momento fu come se fossi risuscitata e ripresi entusiasmo alla vita.

Ricevetti l’effusione e dopo poco partecipai al mio primo Convegno. Durante la preghiera uno degli animatori dal palco annunciò che stavamo vivendo un momento di grazia, nel quale il Padre accoglieva ogni nostra preghiera purché fatta con fede: i cechi avrebbero riacquistato la vista, i sordi udito, gli storpi camminato. Io, dimenticando i miei problemi, cominciai allora a intercedere per una ragazza cieca, che avevo conosciuto sul pullman e in quel momento fu fatto un annuncio: il Signore guariva al fegato una persona che stava pregando per qualcun altro, il cui male pensava fosse più grave del suo.

Devo essere sincera, non pensai minimamente che potessi essere io; ma quando feci ritorno nella mia Comunità, i responsabili mi esortarono a sottopormi al periodico controllo medico. Mi presentai dal radiologo senza portargli l’ultima ecografia, quella nella quale mi era stato riscontrato l’angioma. Terminato l’esame, gli chiesi il responso e questi mi disse che, purtroppo, le cisti si erano ulteriormente, anche se di poco, ingrandite, tanto che una era già arrivata a misurare otto centimetri. Dato che non mi parlava dell’angioma, glielo chiesi io e lui cadde dalle nuvole; non c’era nessun angioma!

Gli mostrai allora l’ecografia precedente, davanti alla quale rimase esterrefatto e alla mia domanda se lui fosse credente assentì, ma ci tenne a precisare che non era affatto praticante. Allora io, mettendogli davanti le due ecografie, lo invitai a confrontarle e a meditare.

Passò qualche tempo, fui nominata responsabile nella mia Comunità e, in un incontro con i fratelli del CNS, durante la preghiera, uno di loro mi annunciò la guarigione dalle cisti. Premetto che nessuno di loro ne conosceva l’esistenza. Per fede credetti. Quando ritornai al controllo, avevo la certezza che il Signore aveva operato e così realmente fu, perché l’ecografia riscontrò che tutte le cisti erano regredite; quella di otto cm. era diventata di quattro e alcune erano addirittura scomparse. Al medico perplesso feci l’annuncio della Comunità, dei prodigi che avvenivano e lo invitai alla preghiera.

Parr. “Ss. Urbano e Lorenzo – Roma

ESTER

Nel 1997, in seguito ad accertamenti diagnostici, risultò che avevo contratto l’epatite C. Cominciai una cura a base di interferone, che durò diciotto mesi, e in quel periodo fui ricoverata in ospedale per ben dieci volte. Terminata la cura, i medici si resero conto che era stato un fallimento: stava subentrando la cirrosi e un’ecografia rivelò che si era formato un angioma al fegato, in più risultava positivo l’esame istologico.

Di giorno in giorno perdevo insieme con le mie forze la voglia di vivere; smisi di pregare, e addirittura mi ribellai al Signore. Non andai più neanche in chiesa, perché mi infastidiva lo sguardo compassionevole del mio parroco.

Fu proprio in quel periodo che mio figlio cominciò a frequentare la comunità Gesù Risorto; tornava a casa dalla preghiera tutto euforico, dicendomi che i fratelli della sua Comunità avevano pregato per me, ma io soffocavo ogni suo entusiasmo rispondendogli che era tutto tempo sprecato, dal momento che io stavo sempre peggio e che quindi il Signore non ascoltava le loro preghiere.

Cominciai una nuova cura, ancora più forte della precedente, mentre mio figlio, pieno di speranza, partì per il Convegno di Chianciano. Lì, durante una preghiera di lode molto intensa, venne annunciata la guarigione al fegato per una sorella; poi fu aggiunto: “La guarigione riguarda una sorella che è rimasta a casa”. Solo allora lui comprese che riguardava proprio me.

Quando fece ritorno a casa era felice, ma si scontrò con il mio scetticismo e la mia amarezza. Però, giorno dopo giorno, cominciai a riacquistare le forze e quando andai a fare il controllo i risultati furono negativi; non c’erano più i valori alterati. Ho ripetuto l’ecografia: l’angioma era scomparso. Sono guarita. Grazie, Signore.

Parr. “S. Francesco d’Assisi” – Villaricca

MASSIMO

Scrivo questa testimonianza a lode e gloria del Signore che lascia sempre la porta aperta anche al più incallito dei peccatori.

Sono stato un pluripregiudicato, un cocainomane, un uomo da tenere a debita distanza, eppure Lui mi ha chiamato lo stesso a percorrere il cammino nella Comunità Gesù Risorto.

Tutto è cominciato un paio di anni fa quando mia moglie, in cerca di un po’ di pace e di conforto, ha iniziato a frequentare la Comunità parrocchiale della nostra cittadina. Ogni volta che rincasava dopo la preghiera era tutta raggiante: mi raccontava di gente che parlava lingue strane, che cadeva in terra come addormentata, di alcuni che facevano profezie, tanto che io mi domandavo in quale gabbia di matti fosse capitata.

Dopo qualche tempo che frequentava la Comunità mi chiese di accompagnarla a Chianciano dove si teneva un “loro” Convegno Nazionale. Accettai, cedendo alla sua insistenza e pensando ai quattro giorni di riposo lontano dai pericoli e dalle scocciature. Partecipai all’avvenimento pieno di scetticismo e di curiosità.

Primo giorno: la cosa che mi stupì favorevolmente fu notare la presenza di tanta gioventù che, con tifo tipico di uno stadio di calcio, cantando e danzando lodava il Signore.

Secondo giorno: ero ancora chiuso come un riccio, non volevo farmi coinvolgere; mi ripetevo che tutto quello che accadeva intorno era semplice suggestione collettiva, ma, nonostante la mia resistenza, la serena spiritualità di mia moglie e quella delle persone che mi stavano accanto cominciarono a far breccia nel mio cuore che divenne più tenero e malleabile.

Terzo giorno: speravo passasse come i precedenti, ma non fu così; le parole che gli animatori pronunciavano dal palco, sembravano essere tutte rivolte a me, mi colpivano come frustate: era per me quell’invito, che io percepivo come un ordine perentorio, di cadere in ginocchio, di cercare l’aiuto, l’amore di Gesù. Lui era lì per me, per perdonare i miei peccati, per riportarmi sulla retta via, solo che lo volessi.

Avvertii forte la presenza dello Spirito Santo, mia moglie mi era vicina, insieme rinnovammo le promesse matrimoniali. Fu allora che una giovane coppia mi venne vicina; imposero le loro mani sul mio capo, e mentre loro pregavano le lacrime cominciarono a rigare il mio viso; era il mio un pianto liberatorio, caddi in ginocchio, finalmente ero stato toccato dalla grazia e io lo volevo con tutto me stesso.

Quarto giorno: non ho parole per esprimere il dolore che provavo nel non saper pregare come tutti gli altri fratelli, ma allo stesso tempo ero felice di trovarmi lì, insieme con loro a quel “mio” primo Convegno e soprattutto mi sentivo in pace per essere riuscito a liberarmi del peso del mio passato. E così doveva realmente essere se riuscivo a intenerirmi perfino alla vista delle due colombe che per tutto il tempo dell’Adorazione Eucaristica avevano sostato sul palco, quasi a guardia dell’Ostensorio. Quando mai prima mi sarei commosso per la gioia dei fratelli e delle sorelle che esultavano per il mio stato di grazia!

Ti benedico, Signore, per avermi fatto gustare l’amore del prossimo e riscoprire l’affetto della mia famiglia.Tu sai quante prove sto sostenendo per resistere alle tentazioni, ma sono sicuro che con il tuo aiuto e con la preghiera dei fratelli e delle sorelle la vittoria sarà nostra.

Parr. “S. Benedetto” – Anzio

ANGELA

Da circa otto anni soffrivo di dolori alle ginocchia a causa di una “iperplasia delle pliche sinoviali con lieve ispessimento dei tendini”. Due anni fa le mie condizioni peggiorarono ulteriormente, tanto da avvertire forti dolori anche di notte, e per due giorni rimasi completamente immobilizzata a letto; non riuscivo né ad alzarmi né a piegarmi. Il mio medico curante mi sconsigliò di scendere o salire gradini, ma purtroppo questo mi era proprio impossibile, dal momento che la mia casa, essendo disposta su più livelli, ne ha tantissimi.

L’anno scorso per la seconda volta ho partecipato al Convegno nazionale e durante una preghiera dal palco è stato annunciato: “Il Signore sta mettendo la sua mano sul ginocchio. Guarisci, Signore, guarisci!”. Un altro fratello aggiungeva: “Grazie perché lo fai, Signore!”. Io ero seduta e mi sono sentita le ginocchia e le gambe irrigidite, come se fossero sollevate da terra… e in quel momento ho pensato che forse il Signore stava toccando proprio me.

Per tornare in albergo ho preso il pulman e mi sono resa conto che non avvertivo più dolore nel salire e scendere quei gradini così alti. La stessa constatazione ho fatto in albergo quando, spazientita dall’attesa dell’ascensore sempre occupato, sono tornata in camera salendo a piedi fino al terzo piano; non avevo provato nessuna sofferenza.

Per questo tipo di malattia a volte ci possono essere periodi di assenza del dolore, ma neanche quando sono ritornata a casa li ho più sentiti; ho proprio cessato di averli dal giorno in cui fu annunciata la guarigione. I gradini che giornalmente facevo prima di essere guarita e che tutt’ora faccio, sono sessantotto; dal momento che oltre a salirli li scendo anche, è come se fossero il doppio e quindi centocinquantasei. In una giornata salgo e scendo almeno una decina di volte, così che arrivo a farne effettivamente più di millecinquecentosessanta!

Grazie, Signore, perché mi hai dato “piedi di cerva” e d’ora in poi potrò scalare un’altra vetta… quella che mi porterà fino a Te!

Parr. “S. Giovanni Battista” – Fasano

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