“VIDERO E CREDETTERO”

 

Il Signore Gesù vuole che diventiamo un popolo di risorti, che porta la sua testimonianza ad altri popoli e all’universo intero, al quale noi che abbiamo veduto e creduto diciamo con sicurezza: “Gesù è risorto! È veramente risorto!”.

Non riuscivo a dormire, a causa di alcuni problemi di salute, e, in un momento di grande confidenza con il Padre, Lui mi ha detto: “Parla di mio Figlio”. “Ma Padre, parlo sempre di Gesù – ho replicato – videro2però Tu dimmi che cosa vuoi che io riferisca e lo farò”. La risposta è stata immediata: “Lui è l’Agnello pasquale! Ricordalo a tutti”.

Pieno di gioia e di gratitudine, ho invocato lo Spirito Santo e ho riletto il passo di S. Giovanni, che ha dato spunto a questa riflessione, con una nuova chiave di lettura.

«Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa» (Gv 20,1-10).

Per un attimo mi sono immedesimato in Pietro e Giovanni, che “correvano insieme”, e mi sono chiesto quale sentimento attanagliasse il loro cuore. Certamente quello dell’angoscia totale: Gesù era ormai morto e sepolto e loro erano rimasti soli e delusi, e per di più alla guida di una comunità che non sapevano dove condurre. Ora poi ci si mettono anche le donne, che dicono: “Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove lo hanno messo…”.

Corrono dunque, Pietro e Giovanni, con il cuore in gola, pieni di emozione e forse anche di quella rabbia interiore che prende colui che subisce un furto, che trova la sua casa violata dai ladri… Ma a questo punto, per capire che cosa succede, dobbiamo riandare indietro, velocemente, a quelle profezie della Sacra Scrittura che avevano annunciato e preparato la venuta nel mondo del Figlio di Dio, che si è fatto uomo per salvare l’uomo, per riconsegnarlo al Padre purificato da ogni separazione da Lui.

 

Credo che Gesù è l’Agnello di Dio

 

Giovanni, che corre senza un progetto preciso, abbandonato all’ispirazione del momento, in un atteggiamento di piena povertà, abbandonato a Dio finalmente… “vide e credette”. Prima, ci dice il Vangelo, “non avevano ancora capito la Scrittura, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti”; ma, in quel preciso momento, c’è una vera e propria apertura della sua mente alla comprensione delle tante profezie che erano state fatte sul Messia e, in un attimo, “rivede” Mosè, in procinto di portare il popolo videro0ebreo fuori dalla schiavitù dell’Egitto… “rivede” l’arrivo della decima e ultima piaga, ossia la morte dei primogeniti, che convincerà finalmente il Faraone a lasciare liberi gli Israeliti… e finalmente capisce chi è Gesù! Lui è l’Agnello pasquale!

Leggiamo alcuni stralci dal libro dell’Esodo, al cap. 12, dove Dio parla a Mosè riguardo alla Pasqua: “Ognuno si procuri un agnello per la famiglia… il vostro agnello sarà senza difetti, maschio, di un anno… Sarà ucciso verso sera… nessun osso gli verrà spezzato… Prenderete un po’ del suo sangue e segnerete lo stipite delle porte delle case in cui verrà mangiato l’agnello e questo sarà un segno: Io vedrò il sangue e passerò oltre, colpirò invece con il mio castigo l’intero Egitto e a voi non succederà niente…”. E ancora, in un attimo, si affollano nella mente di Giovanni tutte le altre profezie: il Salmo 22, in cui si dice tra l’altro: “Si divisero i miei vestiti, tirarono a sorte la mia tunica”, e ancora: “Ho sete!”… Gli risuonano i versi di Isaia, al cap. 53: “Si è caricato delle nostre colpe… È stato punito… (notate che questo viene detto settecento anni prima che succeda!) è stato schiacciato per i nostri peccati e noi siamo stati salvati… È stato percosso… Si è lasciato maltrattare… È stato colpito a morte con i criminali… Si è ritrovato con i ricchi nella tomba…”. E Isaia aggiunge anche in questa profezia: «Il Signore dichiara: “Dopo tante sofferenze, egli, il mio servo, vedrà la luce e sarà soddisfatto di quel che ha compiuto e renderà giusti davanti a me un gran numero di uomini”».

Avviene per Giovanni quello che succede a tanti bambini, che sono capaci di leggere magari distintamente la “b” e la “a”, ma poi non sono capaci di metterle insieme e dire “ba”; però a un certo punto scatta qualcosa in loro che li rende improvvisamente capaci di leggere tutto. Pressappoco questo è quanto è successo a Giovanni: improvvisamente gli sono esplose dentro tutte le profezie; le ha messe tutte insieme e ha capito, finalmente!

Adesso per noi è facile, perché ce lo ha trasmesso proprio lui; ma non dimentichiamo che lì siamo ancora al momento della resurrezione.

Allora Gesù – pensa Giovanni – è veramente l’Agnello di Dio! L’Agnello pasquale della Nuova Alleanza; giovane, maschio, senza difetti… È stato ucciso verso sera e nessun osso gli è stato spezzato… Tutto il suo sangue è stato versato, così come avveniva nei sacrifici delle vittime; e, difatti, dal suo costato trafitto alla fine è uscita l’acqua, segno che non c’era più sangue nel suo corpo… Gesù aveva gridato: “Ho sete!”… La sua bellissima tunica, tessuta tutta d’un pezzo, era stata sorteggiata fra i soldati… Era stato sepolto fra i ricchi, nella tomba nuova di Giuseppe d’Arimatea…

E se Gesù ha realizzato in se stesso le profezie antiche, realizzerà anche quelle presenti, che riguardano la sua resurrezione: “Il figlio dell’uomo dovrà soffrire molto. È necessario. Gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e i maestri della Legge lo rifiuteranno. Egli sarà ucciso, ma dopo tre giorni risorgerà” e ancora: “Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me anche se muore vivrà, anzi, chi crede in me non morirà mai”…

Tutto questo avviene in un attimo nella mente di Giovanni, che “vede e crede”. Lui non si comporta come le donne che, di fronte al sepolcro vuoto, pensano umanamente che il Corpo del Signore sia stato trafugato. Lui “sa” nel suo intimo che Gesù è risorto, è veramente risorto, mantenendo le sue promesse. Per questo crede anche, fermamente, che Gesù manterrà tutte le altre promesse che seguiranno la sua resurrezione: “Manderò il mio Spirito su di voi… Chi crede in me farà le stesse cose che ho fatto io e ne farà di più grandi… Chi riconosce il Figlio e crede in Lui avrà la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Questo ha creduto Giovanni, che ci ha trasmesso la certezza nella vita eterna, e io sono sicuro che in quel momento è impazzito di gioia e che la sua mentalità è cambiata; così come è cambiata la nostra, come siamo impazziti di gioia noi, come sono impazzito di gioia io quando, per la prima volta, ho realizzato in me stesso la consapevolezza che Dio mi amava, mi perdonava e voleva essere mio amico! Io ero di Dio: Dio Padre si occupava di me in prima persona!

Ecco quello che è successo a Giovanni. Ma la Sacra Scrittura, che ha dato nuova vita al cuore di Giovanni (perché era povero di spirito), che è diventata “Parola di Dio per lui”, quella stessa Scrittura è ancora in mezzo a noi e noi tutti ne siamo imbevuti. Chiediamo allora allo Spirito Santo che, come ha fatto per Giovanni, faccia esplodere anche dentro di noi il significato profondo che ha per noi la Parola di Dio in questo momento della nostra vita.

La parola di Dio, infatti, non ci parla mai allo stesso modo; facciamo che diventi per noi Parola di vita, che arrivi fino alle radici del nostro essere, della nostra storia, che ci trasformi dandoci occhi nuovi, un cuore nuovo, vita nuova. Che ci faccia ri-sorgere, ri-nascere!

Corriamo anche noi, come Giovanni, verso la vittoria della resurrezione, gustiamone il trionfo e la gloria, perché la resurrezione è anche per noi, adesso, non domani: è pronta, basta prenderla!

 

Credo nelle Sue promesse di vita

 

Con lui corre anche Pietro, al quale Gesù aveva imposto le mani perché confermasse nella fede i suoi fratelli. Il più giovane arriva prima, ma si ferma e fa passare avanti l’anziano; e in questo io ho visto un fatto importante: i tempi possono non essere gli stessi per tutti, per questo dobbiamo saperci aspettare. Non esiste contraddizione tra la dimensione carismatica della Chiesa e quella istituzionale, e il Regno di Dio può stabilirsi in mezzo a noi solo se tutti operiamo insieme, nel giusto equilibrio, aspettandoci con pazienza.

Trasportiamo ora tutto questo discorso nelle nostre vite. Che cosa è successo a noi? Che qualche pia donna è venuta a dirci: “La tomba, la mia tomba è vuota: non sono più morta!” “E come è successo?”videro1 “In una comunità”… Magari questa persona noi la consideravamo proprio povera spiritualmente, però la vedevamo convinta, e soprattutto costatavamo con i nostri occhi il suo reale cambiamento di vita; così, nella speranza che quanto avevamo ascoltato fosse vero, siamo venuti in Comunità e alla fine, dopo aver partecipato alla preghiera carismatica, anche noi abbiamo trovato una tomba vuota, la nostra!

Eppure la pietra tombale che ci schiacciava era enorme e, ai nostri occhi, definitiva; una pietra fatta di anni di delusioni, di frustrazioni, di dolori, di “fregature”, di difficoltà enormi. Però dopo aver “visto e creduto” a quello che lo Spirito ci ha rivelato, abbiamo costatato che il nostro “uomo vecchio”, pieno di paure e di progetti di morte, non c’è più, è risorto, così come ci era stato promesso in tante profezie comunitarie dal nostro Maestro!

A terra sono rimaste le vecchie bende dei guai e delle malattie che ci avvolgevano, piegate e messe a parte da Qualcuno, più grande di noi, che è venuto a prendersi cura di tutta la nostra vita. Noi siamo risorti, fratelli! Siamo uomini nuovi, con un cuore e una mentalità nuovi, con un comportamento nuovo di fronte alle vicende della vita. Abbiamo capito che è lo Spirito che domina il corpo, facendolo passare dalla morte alla vita e, dato che questo è successo dentro di noi, non possiamo fare altro che trasmettere anche fuori di noi vita, speranza, serenità d’animo. E anche se nelle mani e nel corpo ci sono rimasti i segni indelebili della croce, questi si sono trasformati con Cristo in segni di vittoria.

Noi siamo entrati nella potenza della resurrezione di Gesù! Per questo crediamo in Lui e nelle sue promesse di vita, anche quando tutto intorno a noi ci parla di fallimento e di morte; per questo siamo resi capaci di sperare contro ogni speranza (e, se vogliamo, contro ogni intelligenza) e possiamo continuare a vivere e a sperare con padronanza di vita, abbandonandoci con il cuore in Dio e andando avanti, senza sederci ad aspettare la morte, ma reagendo con coraggio e fiducia a tutte le situazioni difficili che ci si possono presentare.

Dobbiamo veramente convertirci e far risuonare sempre dentro di noi il grido forte e meraviglioso che Gesù è veramente risorto, è vivo, che Lui è il re; e poi applicare su noi stessi la forza di questa verità che abbiamo scoperto. Diciamolo ora, insieme con Lui: “Io sono vivo, io sono veramente risorto e sono reso re e padrone della mia vita con Gesù!”. Il mondo di oggi ha tanto bisogno di questo annuncio di vita e noi siamo mandati a essere profumo di vita, profumo di Cristo!

Noi non siamo stati chiamati a ricevere onori e posti di prestigio (abbiamo visto che Lui, l’eletto per eccellenza, non ha avuto “dove posare il capo”), ma ad avere un amore generoso che ci permetterà di portare al Padre, nel nome di Gesù, tutti gli uomini che incontreremo. Anche quando questo comporta sacrificio e fatica, quando significa rinunciare non solo ai propri affari, ma anche al giusto riposo, alla propria vita, per arrivare a dire insieme con Gesù: “Padre, offro me stesso in sacrificio per loro”. Gesù, che ha detto: “Questo è il mio corpo, prendetene e mangiatene tutti”, vuole che anche noi ci lasciamo “mangiare” dai fratelli, diventando nutrimento di vita per gli altri.

Noi, come amici di Gesù, non possiamo non comportarci come l’Amico, che ci ha insegnato chiaramente: “Nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici”. E donare la vita in pratica significa tante cose: significa anche ascoltare con pazienza chi ti racconta per l’ennesima volta la sua storia, significa rispondere al Signore che chiama e rimettersi in moto quando sei stanco morto e non vedevi l’ora di rimanere un po’ con tua moglie e i tuoi figli… Noi siamo continuamente debitori di amore verso tutto il mondo e questo atto di amore che invade nell’intimo gli amici di Gesù è un carisma, che trasmette vita in tutti coloro che ne usufruiscono e suscita negli uomini di buona volontà commozione e desiderio di imitazione.

 

Credo nella Luce della vita eterna

 

Sì, a questo siamo stati eletti: ad aprire le tombe di tutti gli uomini. Questa è la vocazione della Comunità Gesù Risorto: prolungare, estendere, far gustare, dimostrare con la nostra stessa vita la resurrezione di Gesù! Tutti quelli che fanno parte della Comunità riceveranno prima o poi questo grande carisma di serenità e di pace che dà vita ai morti.

Amiamo tutti, fratelli, specialmente quelli più poveri, quelli schiavi degli idoli, quelli arroganti e che umanamente non accetteremmo; perché Gesù li ama e ha dato la sua vita per loro, così come l’ha data per noi quando eravamo come loro. Amiamoli e Gesù non ci lascerà soli in questo annuncio, ma ci donerà la “potenza dall’alto” e ogni autorità sui demoni; Lui sarà sempre con noi, fino alla fine del mondo.

Questo significa chiaramente che noi non dobbiamo isolarci dal mondo. Il cristiano vero, noi membri della Comunità Gesù Risorto dobbiamo inserirci nel mondo e vivere il nostro tempo in pienezza di vita, con tutti i compiti e anche con le soddisfazioni normali che il mondo ci dà; perciò fate quello che dovete: divertitevi, sposatevi, andate a ballare, vestitevi alla moda, occupatevi di politica, di sindacato, maneggiate quattrini, arricchitevi… ma tutto nel Signore! Prima Dio, poi il resto.

Dice il Salmo 62: “Anche se cresce la ricchezza, ad essa non attaccate il cuore”. Invece troppo spesso le varie ricchezze da difendere ci tolgono quella povertà di spirito che è necessaria per annunciare il Regno di Dio: quanto tempo sprechiamo a preoccuparci di cose che non ci danno vita ma solo angoscia, quanti atti di coraggio non compiamo perché non possiamo contare su sicurezze umane! Ma a Pietro, che gli consigliava di salvarsi e di pensare a se stesso, Gesù risponde: “Va’ via, lontano da me, Satana. Tu sei un ostacolo per me, perché tu ragioni come gli uomini, ma non pensi come Dio” (Mt 16,23).

Gesù usa due verbi diversi: “ragioni come gli uomini” (che nei loro progetti di vita difendono eccessivamente le ricchezze e le posizioni raggiunte: soldi, potere, comodità, salute, vizi…) e “non pensi come Dio” (che invece ci dice: amate, non giudicate, non condannate, siate generosi, donatevi a questo mondo che Io amo). Perché Dio lo ama il mondo e dice a noi tutti di trasmettere questo suo amore, così come ha fatto suo Figlio, e di mostrare al mondo la nostra tomba vuota.

Pietro invece sta cercando di distogliere Gesù dalla ragione vera per la quale Egli è venuto nel mondo: sta cercando di farlo uscire dalla sua vocazione! Ora può sembrare più che normale che uno dica all’amico in pericolo: “Fuggi! Non affrontare questa cosa, non sono affari tuoi, fai finta di niente, altrimenti ti mettono in croce!” e sicuramente è capitato anche a noi di disubbidire alla volontà di Dio e di uscire dalla nostra vocazione, presi dalla saggezza umana e dall’amorevole consiglio di chi ci sta intorno! Ma così non siamo morti a noi stessi, non siamo entrati nella tomba, non siamo stati legati da bende… e nemmeno possiamo risorgere!

Noi invece dentro alla tomba dobbiamo volerci entrare; dobbiamo renderci conto personalmente delle nostre povertà e decidere che vogliamo passare dalla vecchia vita alla nuova. Gli “anziani” potranno correre insieme con noi, la Comunità sarà come una levatrice che ci assiste e ci aiuta a nascere, ma ciascuno di noi deve poi venire personalmente alla luce.

E la luce, il sole nascente che illumina la nostra vita, voi lo sapete, è Gesù; Gesù che si consegna nelle nostre mani affinché possiamo metterlo, come un faro, più in alto possibile, per illuminare tutto il mondo. Lui è quel sole che illumina e riscalda ogni uomo dal di dentro, dandogli il senso della vita piena e della potenza dell’amore che ci condurrà alla resurrezione e alla vita eterna; è quella Luce che non si spegnerà e che non sarà impedita nemmeno dalla nostra morte fisica, perché gli occhi per vederla e per gustarla sono quelli dello spirito e dell’anima, che vibrano e gioiscono quando la sentono arrivare e che la desiderano ardentemente per essere riportati a quel mondo di amore e di pace che si trova nel cuore del Padre e del Figlio; in quel posto che è nostro da sempre, preparato, pagato e conservato da Gesù per noi fin dall’eternità.

Guardiamoci bene in volto, fratelli, e stiamo attenti agli occhi del fratello che abbiamo ora accanto, perché quegli stessi occhi li rivedremo un giorno in Paradiso! Colui che ora ti sta accanto sarà ancora con te e questo avverrà nella misura in cui tu avrai pagato il tuo debito d’amore verso di lui, usandogli misericordia, generosità, non giudizio, donazione, ascolto, rispetto e perdono. Così come noi siamo stati accolti e trasformati nell’amore, dobbiamo accogliere e trasformare i fratelli che il Signore ci ha messo accanto. Questo Gesù si aspetta da noi, a questo è chiamata la Comunità Gesù Risorto: a portare l’amore e la gioia della resurrezione dovunque viviamo e operiamo!

Il Signore vuole che diventiamo un popolo di risorti che porta la sua testimonianza ad altri popoli e all’universo intero, al quale, noi che abbiamo veduto e creduto, diciamo con sicurezza: “Gesù è risorto! È veramente risorto!”. Amen.

di Giampaolo Mollo

Convegno Internazionale 1998

Share This