“È VERAMENTE RISORTO”

 

“È risorto, come aveva detto!”. Questo è l’annuncio che l’Angelo fa alle donne che si erano recate di buon mattino al sepolcro. È una notizia sconvolgente, è la promessa del Signore che si realizza per tutta l’eternità: Gesù veramente è risorto e non muore più! Lui è veramente il Vivente, il Risorto in resurrezionemezzo a noi, dentro di noi; non è un’ombra, non è un fantasma, ma è vivo e vero: è il segno vero del Dio vero, è la sua potenza d’amore!

Gesù Risorto è anche il segno dell’uomo, della sua vittoria sulla morte, una vittoria sempre sognata e mai raggiunta,; Lui è la prova che la storia umana non è stata consegnata all’assurdo, ma riscopre finalmente un senso e un respiro. È quel cero pasquale che il Padre accende nella notte della storia, affinché questa possa rimettersi in cammino e conoscere l’alba di un giorno nuovo, giorno che non vedrà il tramonto. È quella luce che non finisce, quel fuoco che non si consuma; per questo le tenebre non potranno prevalere: non vinceranno le tenebre, vincerà la luce del Signore e l’ultima parola non sarà il sogghigno beffardo del diavolo, ma il sorriso benedetto del Padre.

Cristo è veramente risorto, è vivente! Questo annuncio ha attraversato i secoli ed ora è giunto a noi, riempiendoci il cuore di gioia, perché ci fa comprendere che la morte è solo la penultima realtà dell’uomo. L’ultima parola la pronuncia solo Dio che dice: “Tu non morrai mai, non morrai più!”. La dice al Figlio suo amatissimo, e la dice anche a ognuno di noi, perché non è possibile che il Padre si rassegni davanti al fatto che una sua sola creatura muoia; dice a ognuno di noi: “Tu sei mio figlio per sempre, e io voglio che tu viva, figlio mio; ti voglio felice e vivente. Vivi e vivi per sempre!”.

 

Creati per la vita

 

La resurrezione di Gesù non è solo un avvenimento del passato, ma è un inizio che ha già deciso il futuro, perché l’inizio del compimento di tutte le cose è già subentrato e si è manifestato a noi che siamo in cammino qui sulla terra. È come quando la testa di una carovana tocca la meta e grida con gioia a quelli che stanno dietro: “Siamo arrivati! Era proprio così la meta che sognavamo!”; così Gesù ha già toccato la meta, è già arrivato e questa grande carovana che è l’umanità, ognuno di noi 1o seguiremo, perché dove sta la testa seguirà tutto il resto.

Per questo il nostro sguardo si deve dirigere sempre più alle cose del cielo, dove Gesù vive e vive per sempre. S. Paolo ci dice: “Cercate le cose di lassù, non quelle di questo mondo”. Noi dobbiamo guardare a Colui che è entrato nel silenzio di Dio e a quel mondo al quale anche noi ormai apparteniamo; noi, cittadini del cielo e familiari di Dio!

È Cristo l’attuazione del regno di Dio fra gli uomini, nel quale sperimentiamo ogni giorno la liberazione, la guarigione, la remissione dei peccati. Ora l’affermarsi di questo regno implica lo spodestamento e l’abbattimento delle potenze nemiche di Dio: il peccato, il diavolo, la morte.

Noi sappiamo che a causa del peccato che l’umanità è caduta sotto la tirannia di Satana, l’avversario di Dio, il nemico e il distruttore di tutto quello che è divino nel mondo. Satana si è fatto principe di quel mondo che non ha voluto riconoscere Dio come suo Signore e, dopo la seduzione originale, continua questa sua lotta contro la sovranità di Dio con tutti i mezzi ha sua disposizione: l’astuzia, la perfidia, la violenza, la paura, la morte. Il motivo del suo agire lo conosciamo bene: è quello di farsi dio, di acquistare la signoria nel cuore degli uomini. E quando arriva Gesù a mettere fine a una sovranità che sembrava ormai assicurata, subito riconosce il pericolo che lo minaccia e, per bocca di un posseduto (come ci racconta Luca), inveisce: “Che vuoi da noi, Gesù di Nazareth? Sei venuto a rovinarci? Io so chi sei: tu sei il Santo mandato da Dio” e fa tutto il possibile per salvare il suo potere, attraverso gli indemoniati, ma ancora di più attraverso quegli assalti furibondi che sferra contro Gesù durante la sua missione terrena: a partire dalla persecuzione di Erode fino alla condanna a morte da parte di Pilato, dietro a ogni attacco c’è lui, Satana, la potenza stessa del male.

Così il mondo, caduto in balìa di Satana, sigilla con l’uccisione di Gesù la propria inimicizia con Dio. Gesù però è più forte di Satana e lo vince; non con i suoi stessi mezzi ma con le forze divine, con il potere della santità, dell’amore e della verità. Lo fa già in alcuni punti della storia, quando libera e guarisce i peccatori, i malati, gli indemoniati, ma è soprattutto con la sua morte e resurrezione che distrugge completamente il suo potere e restaura la sovranità di Dio su tutto il cosmo.

Di pari passo con quello del diavolo, crolla pure il potere della morte, perché Colui che può incatenare il diavolo con la sua forza, incatena anche la morte che è entrata nel mondo per invidia del diavolo, come ci dicono le Scritture. Certo la morte rimane comunque un passaggio dal quale nessuno di noi può sottrarsi, perché neanche il Figlio di Dio se ne è voluto sottrarre, e questa condizione, cosciamente o incosciamente, noi la viviamo come angoscia, come se fossimo dei condannati. La morte ci cresce dentro fin dal primo istante di vita e questo in qualche modo ci inquina e intossica tutte le gioie della vita; per questo, nella profondità del nostro cuore, c’è una grande avversione alla morte. Tuttavia continuiamo a considerarlo un evento naturale, perché da sempre l’uomo nasce e muore. In realtà non è così, perché all’inizio l’uomo non è stato creato per la morte, ma per la vita, e la morte contraddice alla natura favorita dalla grazia e al piano originario di Dio.

Dunque l’avversione che noi abbiamo nei confronti della morte ha una sua ragione e la coscienza umana dichiara che, nell’ordine di vita voluto da Dio, la morte è un corpo estraneo, è un nemico dell’uomo. La paura che ne abbiamo, però, è qualcosa di più del rabbrividire davanti alla fine del nostro corpo. È la paura di trovarci davanti al Dio santo, giudice dell’uomo; è lo stesso terrore che provarono Adamo ed Eva quando, dopo la loro disubbidienza si nascosero.

In ogni modo il nostro cuore non si è mai placato e rassegnato davanti alla morte e continuamente grida, anche quando non ce ne accorgiamo. Ma chi soddisferà questa sete insaziabile di vita, di una vita che dura, di una vita per sempre?

 

Immersi nella resurrezione

 

Gesù ha spezzato il potere della morte in tre casi, provando che il suo potere era in declino e che stava sorgendo un tempo nuovo in cui non avrebbe regnato più il peccato ma la santità, non più il diavolo ma Dio.

La prima volta quando morì la figlia dodicenne del capo della sinagoga di Cafarnao, Giairo; davanti a questa giovinetta morta Gesù disse semplicemente: “Talità, kum” che significa: “Fanciulla, alzati” e la ridestò alla vita, come quando si sveglia una da un sonno profondo. La seconda volta quando incontrò il funerale del figlio della vedova di Nain; anche qui Gesù pronunciò poche parole: “Ragazzo, dico a te, alzati” e la morte dovette obbedire e restituire quella vita.

GESUrisLa terza volta Gesù sconfisse la morte quando essa aveva abbattuto una vita nel fiore degli anni e l’aveva già consegnata alla corruzione. Si tratta di Lazzaro, l’amico di Gesù; in questo caso la morte lo scuote profondamente, tanto che davanti alla tomba Gesù scoppia in lacrime, sicuramente per la morte dell’amico e per il dolore dei parenti, ma anche per l’avvicinarsi della sua propria morte. Tolta la pietra, Gesù, il Vivente per essenza, immune alla morte fino alla radice, Lui la Vita stessa, si trova davanti Satana, colui che regna nella morte, il nemico della redenzione. Allora Gesù prega e ringrazia il Padre per la cosa grandiosa e inaudita che sta per succedere e grida a voce possente: “Lazzaro, vieni fuori, esci dalla tua tomba!”.

C’è un’altra ora in cui è scritto che Gesù gridò a gran voce, quella della croce: queste due grida vengono dallo stesso cuore, dalla stessa profondità, dalla stessa missione, sono un’unica azione. Dietro a questo grido ha luogo una lotta incredibile nella profondità dello spirito;. è la lotta della vita contro la morte! E la morte viene sconfitta, perché quel grido di Gesù è stato il divenire di una potenza di vita che non ha più fine.

Questi tre casi di resurrezione operati da Gesù ci rimandano alla fine dei tempi: quello che è successo in quegli episodi un giorno accadrà per il mondo intero, per ognuno di noi, anche se in un modo diverso; perché quei tre risuscitati poi sono morti un’altra volta, mentre noi non moriremo più, perché Gesù Risorto non muore più. Gesù che ha spodestato la morte fino dalle radici, che è sceso nella profondità della morte per rielaborarla e trasformarla: da allora è una potenza sconfitta e, anche se non è ancora stata tolta dal mondo, è diventata però serva della vita, perché serve a trasformare questa nostra povera vita in una vita indistruttibile, immortale.

Ora Gesù, risuscitato dai morti, è salito al cielo, per ritornare al Padre dal quale era venuto, ma questo non deve farci dubitare della sua presenza. Non se ne è andato, non è scomparso dalla storia di questo mondo; certo non vediamo più la sua figura, non è più qui nella carne, ma è presente nello Spirito e pertanto è presente ovunque. Ma noi ci crediamo davvero che Gesù è risorto e vive per sempre e che le forze della resurrezione sono sparse dappertutto, nell’universo intero, qui in mezzo a noi, dentro di noi, nelle nostre situazioni?

Noi siamo immersi e avvolti dalla potenza della resurrezione! Se ci credessimo veramente, quante cose cambierebbero, quanti miracoli avverrebbero in mezzo a noi. Gesù Risorto è veramente in tutte le cose di questo nostro povero mondo; è presente in ogni modo, come un giubilo nascosto, come potenza di vita che trionfa anche là dove la vita sembra estinguersi o diminuire. È presente nelle tue lacrime, nella morte che c’è nel tuo cuore, nel tuo lutto; e ti dice: “Esci dalla tua tomba, vieni fuori! Non rimanere a contemplare i tuoi mali, il tuo peccato, la tua morte. Vieni alla vita, perché io voglio che tu viva, figlio mio, figlia mia. Che tu viva per sempre!”.

È presente anche in mezzo ai nostri peccati, come misericordia infinita, che non ci condanna ma che sopporta con pazienza, fino alla fine, tutte le nostre infedeltà.

Lui rimane fedele, anche quando noi non gli siamo fedeli, quando gli voltiamo le spalle e lo tradiamo; per questo ci dice: “Io non ti condanno, non ti accuso; io ti amo! Non ti disprezzo: tu se prezioso ai miei occhi”. Però ci dice anche: “Va’ e non peccare più”. È presente anche nella nostra debolezza, nella nostra impotenza, nelle nostre sconfitte; Lui è quella vittoria nascosta, che può permettersi a volte di essere debole, perché è l’unico veramente invincibile. Per questo ci ricorda che è nella nostra debolezza che Lui manifesta la sua potenza e la sua gloria e che è solo quando siamo veramente deboli che allora siamo forti: lo dice per confondere coloro che si credono sapienti e forti in se stessi, perché sia chiaro che, quando il Signore vuole servirsi di noi, quella potenza viene solo da Lui.

Veramente è risorto il Signore! Lo è anche nelle nostre infermità, presente come forza misteriosa e piena di compassione che ci tocca e ci guarisce; anche in questo momento. È presente nell’universo intero, in questo nostro mondo che non crede più, nell’indifferenza di tanta gente. Anche in quell’indifferenza causata da un nostro annuncio stanco, freddo, che sembra uscire dalle nostre labbra con tanta fatica. Lui permette anche queste nostre sconfitte, perché vuole che diventiamo più ferventi: ci vuole più “spinti”, non “spenti”; vuole che diventiamo anche più umili, meno sicuri di noi stessi, affinché Lui possa operare potentemente. Per questo ci fa anche partecipare alla sua Croce, che appare come stoltezza agli occhi del mondo, ma che, per noi che crediamo, è sapienza e potenza di Dio.

 

Destinati alla gioia

 

Veramente è risorto, il Signore! Ed è presente, come l’aria che respiriamo pur senza vederla. Così sono le forze della resurrezione: non le vediamo, ma sono sparse dappertutto e sono vita per noi.

Il Risorto è presente anche nei nostri cuori, nei cuori di tutta l’umanità, per renderci affamati e assetati di giustizia e di amore; ed è presente in questo nostro mondo, che sembra dominato da un caos in cui tutto pare svanire e crollare. Eppure Lui è qui a dirci: “Non temete, perché il giorno è vicino!”. Non sappiamo quando sarà, perché S. Pietro ci ricorda che per Lui un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno solo; ma intanto sappiamo che Lui è sulla barca dell’umanità, sulla nave del tempo, e ci rassicura che nessuna tempesta potrà mai affondarci. È sulla nostra barca il Signore, e contemporaneamente è sulla spiaggia dell’eternità, verso la quale ci sta traghettando.

Gesù Risorto non ci dona soltanto la resurrezione finale e la vita eterna, ma anche il potenziamento della vita presente, della vita di tutti i giorni, perché sia fin d’ora una vita da risorti. E noi siamo chiamati a partecipare a questa trasformazione, a partecipare con la nostra libertà e la nostra decisione al destino di Cristo, cioè alla sua vita, alla sua morte e alla sua gloria: Gesù risorge ancora in noi, se noi ci facciamo risuscitare da Lui, se abbandoniamo l’uomo vecchio, con tutti gli atteggiamenti che gli sono propri (ira, passioni, cattiveria, impurità, calunnie, parole volgari) e ci rivestiamo dell’uomo nuovo, creato a immagine di Dio, che ha sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, mitezza, mansuetudine, dolcezza e pazienza.

Noi dobbiamo essere sempre pronti a perdonare e ad amare, tutti e tutto. Se il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Gesù, allora lasciamolo lì, ben inchiodato sulla croce, per non essere più schiavi del peccato: questo è il modo per essere già risorti con Cristo Risorto; questo è il Paradiso che comincia qui sulla terra e si espande, dopo la morte, in cielo. Allora lì, in cielo, si placherà finalmente questo nostro desiderio di gioia; lì ogni gesto d’amore rimarrà per sempre e nulla di ciò che è valido, vero, bello, buono che noi abbiamo vissuto andrà perduto. Anche se infangato e soffocato dal peccato, dai dubbi, dagli affanni, nulla andrà perduto, perché Dio lo raccoglierà per trasformarlo.

Ora sulla terra noi possiamo vivere solo una caparra, un anticipo di questa gioia; però questo anticipo ci è dato dal sapere che il sepolcro è vuoto e che l’Amato del nostro cuore è vivo, è vivo! Questa è la nostra gioia, quella che dà luce a tutte le altre, coniugali, familiari, comunitarie, e che ci fa gustare meglio la nostra vita, facendola diventare veramente bella e avventurosa.

Gesù desidera che noi diventiamo sempre di più non solo testimoni della resurrezione, ma anche testimoni della gioia, quella di trovarci ogni giorno nel giardino del sepolcro a celebrare la nostra Pasqua, cioè il nostro passaggio dal pianto al riso, dalla tristezza all’esultanza, dalla morte alla vita. E tutti i giorni lo dobbiamo fare, perché il Cristianesimo è gioia, perché la fede è gioia, perché Cristo Risorto è la nostra gioia, la gioia del mondo, la gioia dell’umanità! La mancanza di gioia è segno che noi non siamo “uomini pasquali”, mentre dovremmo considerarci proprio nati a Pasqua, nati come Gesù in una grotta: la tomba vuota è la nostra culla e la Pasqua è la natività della nostra gioia!

Noi dobbiamo essere credenti veri, non fantasmi di credenti, larve di uomini religiosi, che stentano a credere, senza entusiasmo e senza vita, senza motivazioni e senza credibilità. Chi volge le spalle a questa luce gloriosa non potrà vedere che l’ombra: l’ombra del dubbio, della tristezza, della solitudine, della morte.

Un ateo confidava a un gruppo di credenti che aveva bisogno della loro tristezza per alimentare il suo ateismo, mentre invece la loro gioia lo avrebbe messo in crisi. Io ringrazio il Signore per avermi condotto, ventidue anni fa, in un’assemblea di preghiera piena di gioia: quello che mi ha convinto e fatto cambiare vita era la gioia di tutti i partecipanti, senza la quale io non sarei qui.

Noi non possiamo essere spenti; per noi la gioia è un bisogno, un’esigenza, un dovere. Lui è la nostra gioia: Gesù asceso al cielo con il suo Corpo santissimo.

Il Corpo di Gesù, anche se trasfigurato, è pur sempre il corpo dell’uomo e ciò significa che in Lui la nostra umanità ha già raggiunto la meta, come dicevo prima. In Lui noi già stiamo lassù, già partecipiamo di questa gloria che tutto l’universo respira, perché con il Corpo di Gesù un frammento di mondo è giunto definitivamente al Padre e dal Padre è stato definitivamente accolto. La materia dunque resta glorificata per sempre, resta santa e viene a sedere alla destra della Gloria, per sempre! E lì il tempo si fermerà in silenzio e il mondo e la storia saranno per sempre arrivati alla loro fine. Allora il cielo e la terra, trasfigurati, e l’umanità perfetta, raccolta intorno al suo Cristo trasfigurato, canteranno in eterno l’inno di lode e di ringraziamento al Padre nella potenza dello Spirito Santo.

di Paolo Serafini

Convegno Internazionale 1998

Share This