TESTIMONIANZE SULLA GUARIGIONE DELLA MEMORIA

Dopo essere stata solo due volte in Comunità, partecipo alla mia prima giornata comunitaria, dove alcuni fratelli mi chiedono se desidero ricevere la preghiera personale, con l’imposizione delle mani. Rispondo di sì, benché non sappia assolutamente di che cosa si tratti o come debba contenermi, io che di solito non lascio invece mai niente al caso… ma è il Signore, ora lo so, che sta mettendo in atto il suo piano di salvezza: io mi sento subito accolta da Lui, tramite i fratelli, e, durante questa prima preghiera di liberazione, lo lascio entrare nel mio cuore.

Con il permesso di Gesù e in tutta la loro completezza emergono così i fantasmi del mio passato, insieme alla convinzione profonda che ho di dover espiare con le sofferenze fisiche e psicologiche le colpe verso mio padre e mia sorella, che non ho amato in vita come avrei voluto, potuto e dovuto. Prepotentemente vengono alla luce gli incubi di ogni notte, le ossessioni di ogni giorno, le angosce, i rimorsi, la solitudine, l’inquietudine, di non saper portare più la serenità nella mia famiglia già da parecchi anni.

Dio solo poteva sapere quanto e come avessi bisogno di quella pace!

Avevo cercato di conquistarla in altri modi, ma due anni di analisi erano serviti solo a far venire in superficie le cause di tali sofferenze, non a donarmi il perdono verso me stessa e verso chi non c’era più. Così, anche se razionalmente ero cosciente di non essere colpevole per quelle morti, continuavo però a farmi del male e a farne di conseguenza alla mia famiglia. Mi ripetevo che avevo tutto per essere felice: un bravo marito, due bravi figli, i miei cari, gli amici, il lavoro, la casa… ma non era sufficiente per stare in pace con me stessa: mia sorella era morta in un incidente stradale, mentre io da un incidente analogo, anni prima, ero uscita viva, e mio padre era morto suicida, senza che io avessi potuto chiedergli perdono e dirgli che lo perdonavo.

Gesù accoglie il mio pianto disperato e attua la sua prima grande operazione di salvezza del mio cuore e della mia memoria feriti. La forza del suo amore che tutto perdona mi dà una pace che non provo da anni, insieme alla speranza di venire finalmente fuori da queste tenebre. Capisco anche che ha aspettato i miei tempi di crescita, affinché fossi pronta per questa esperienza.

Il giorno dell’effusione Gesù entra di nuovo nel profondo del mio cuore e di nuovo mi guida a rioffrirgli tutta la sofferenza del passato. Arriva fino alle mie viscere, per togliere tutto ciò che mi fa male; io lo lascio fare e, attraverso un pianto liberatore, che è anche un grido di aiuto, avverto la potenza del suo perdono.

Un altro passo decisivo lo vivo nella piccola comunità di crescita, durante un’invocazione in cui tutti chiediamo con fede a Gesù di liberarci dal male. In quel momento il Signore mi fa vedere, nello spirito, mio padre al quale viene tolta la corda dal collo e mentre questa si riempie di luce, lui vola verso il cielo. Eccola, la mia vera liberazione: mio padre è vivo in Cristo Gesù! L’emozione è così forte che mi sento mancare e temo di parlarne agli altri, nel timore che tutto possa essere frutto di autosuggestione.

Mi confesso, ne parlo con i responsabili, provo a raccontarlo al gruppo… ma il demonio continua a suggerirmi che non è vero niente, che quello che ho visto è solo una mia invenzione. Gesù però nel suo infinito amore si fa vivo di nuovo, a sorpresa, mentre sono intenta in altre attività, e questa volta me li mostra entrambi, mia sorella e mio padre, pieni della sua luce. Sento che il perdono è definitivo, completo: il mio verso di loro e il loro verso di me. Lo Spirito Santo che sta scendendo su di me accende finalmente il mio cuore del suo fuoco e io posso vivere ormai con una pace e una gioia nuove, nella libertà vera che solo Lui può donare.

Natalina

Avevo terminato di leggere un libro molto interessante, intitolato “Il risveglio dei carismi”, ed ero rimasto particolarmente colpito da quanto affermava sulla guarigione della memoria e dei cattivi ricordi.

Pochi giorni dopo – era la veglia di Natale – ho sentito come una voce nel cuore che mi diceva: «Il Signore nasce questa notte e anche tu devi rinascere questa notte». Allora mi è tornato in mente quello che avevo letto, che, per guarire dai cattivi ricordi che hanno toccato la nostra vita fino ad oggi, bisogna tornare indietro con la memoria, soffermarsi su quegli episodi che hanno provocato angoscia e offrire quell’angoscia al Signore, chiedendo a Lui di guarire quelle piaghe. Così ho chiesto a mia moglie Antonietta di pregare con me e per me il Signore, affinché guarisse le ferite che hanno condizionato la mia vita. Sono tornato indietro, fino alla nascita, e ho chiesto al Signore di guarire le ferite provocate dalla paura subita a due anni e mezzo per un intervento d’asportazione delle tonsille; ho chiesto al Signore di guarire le ferite provocate sempre dalla paura per una puntura alla pancia, che mi aveva scioccato, ma che si era resa necessaria a causa del morso di un cane; gli ho chiesto di guarire le ferite provocate da una mancata promozione in ufficio.

Alla fine mi sono sentito come liberato; mia moglie ha chiesto per me un passo della Scrittura e il Signore mi ha detto che avrebbe preso in considerazione la mia situazione e che mi aveva messo mia moglie vicino per riempirmi del suo amore attraverso di lei. Pensavo di essere guarito da tutte quelle piaghe che avevano influenzato in modo negativo la mia crescita e invece non era così, perché il Signore aveva voluto riservare la piaga più grossa, che non avevo saputo vedere, per la vera guarigione di cui avevo bisogno.

Sempre avvolto da quel clima particolare del Natale imminente, mi venne da pensare a Maria, a tutti gli atti d’amore che aveva potuto compiere nei confronti di suo Figlio Gesù, dalle carezze ai baci, alle coccole che aveva riservato per quel bambino meraviglioso… e in quel momento ho sentito un peso enorme poggiare sul mio cuore: era la mancanza di amore di cui soffrivo e addebitavo a mia madre, poiché da bambino non aveva mai avuto per me quei gesti affettuosi che aveva avuto la Madonna per Gesù! Allora mi sono reso conto che non ero ancora guarito e, insieme con mia moglie, ci siamo rimessi a pregare perché il nostro medico infallibile guarisse anche questa grossa piaga.

Così ho offerto al Signore le sofferenze che avevo avuto da bambino per questa mancanza di gesti affettuosi e gli ho chiesto di guarirmi. Ma a quel punto ho sentito che non dovevo essere io a dover perdonare nello spirito mia madre, ma che ero io che dovevo chiedere perdono! Perché lei il suo affetto me lo dava abbondantemente, ero io che forse ne volevo uno speciale, al di là delle sue capacità.

Ho chiesto allora perdono al Signore per aver giudicato male mia madre e sono scoppiato in un pianto dirotto, irrefrenabile, che mi ha portato alla fine ad una grande liberazione e ad una pace meravigliosa interiore. Però sentivo che c’era ancora una cosa da fare, così ho chiamato Alessia, nostra figlia, e le ho chiesto perdono per tutto l’amore che non avevo saputo esternare per lei; anche se lei, abbracciandomi, ha esclamato: «Ma che dici, papà, di che cosa devo perdonarti? Lo so che mi vuoi bene».

Antonio

«Ho sperato, ho sperato nel Signore ed Egli su di me si è chinato…». Il canto dei fratelli mi avvolge dolcemente, ma il mio spirito è lontano; non riesco a entrare nella preghiera…

La tristezza invade il mio cuore, una tristezza antica, che viene da un’infanzia piena di fame e di paura. Sono passati tanti anni, ma ancora quella paura proietta la sua ombra su di me e sul mio futuro. “Signore, dov’eri quando, bambina, tremavo travolta da avvenimenti tanto più grandi di me?”.

Il canto prosegue pieno di forza: «Hai dato ascolto al mio grido…». Ma i pensieri, quasi senza che io lo voglia, seguono il filo dei ricordi, che emergono poco a poco dalla memoria.

Allumiere, durante la guerra. I tedeschi davano il pane ai bambini affamati, ma non bastava mai. Poi, una sera, i bambini si erano messi d’accordo per rubare nel campo dei tedeschi. Io dovevo rimanere fuori da quello strano gioco, perché ero troppo piccola, ma li seguii lo stesso a distanza.

Ascolto il canto in lingue, mentre il “Signore del tempo” fa riaffiorare antiche memorie, che neppure sapevo più di avere.

Ricordo quando gli uomini in divisa scoprirono i piccoli ladri, il trambusto, le grida, le corse affannate e il mio pianto disperato di bambina, sola nel buio che incalzava, travolta e gettata in una cunetta piena di foglie secche. Quanto tempo è durato quel pianto? Non saprei dirlo. Ricordo solo la lunga paura del mio piccolo cuore.

Poi un tedesco mi sollevò dal mucchio di foglie. Sembrava un gigante. Con gentilezza mi soffiò il naso, mi ripulì e mi riportò sulla strada, fino in vista del paese.

Ma non era finita. Pochi giorni dopo i tedeschi requisirono le case. Quel giorno mia madre era rimasta a fare il pane e tutti i bambini del vicinato erano con noi. Davanti al capitano che voleva mandarci via, disse semplicemente: «E come faccio con tutti questi figli? Sono vedova, ho un figlio grande prigioniero, sono sola a lavorare per sfamare tutte queste bocche. Adesso mi levate anche la casa. Ammazzatemi, allora, così la faccio finita!».

L’uomo era commosso. Vide me che tremavo in un cantuccio, e mi riconobbe: era infatti lo stesso che mi aveva sollevato dal mucchio di foglie secche. Volle sapere il mio nome e poi quello di mia madre, Maria, un nome dolcissimo che suscitò echi profondi nella sua anima e che divenne un canale di comunicazione fra noi: nel suo italiano stentato e gutturale ci disse infatti che bisognava pregare molto perché quella guerra finisse presto e a sua volta mia madre, con gesto timido e confidenziale, tirò fuori dalla tasca la corona del rosario dicendo: «Figlio mio, sapessi quante Ave Maria sono passate su questi grani… da tappezzarci tutto il mondo!».

Con le lacrime agli occhi, il capitano abbracciò mia madre, chiamandola mamma anche lui, e in quel suo gesto tutta la mia paura si sciolse.

Poi l’uomo andò via; ma quel giorno ci mandò un cestino di pane bianco, che mia madre distribuì anche ai vicini, perché c’erano tanti sfollati in quei giorni, tante bocche in più da sfamare.

Ecco, Signore, il canto è finito e anche la sequenza dei miei ricordi. Ascolto il silenzio in cui Tu parli al mio cuore. Ora so dov’eri in quei giorni di paura, ora so di chi erano la mani che mi hanno sollevato dal mucchio di foglie secche, che hanno abbracciato mia madre che chiedeva di morire e poi ci hanno portato quel cestino pieno di pane saporito.

Grazie, Signore, per quello che hai compiuto allora e per quello che fai oggi guarendomi nel ricordo, guarendomi nel tempo da ogni paura.

Giuliana

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